Buonuscite da 1,8 milioni per 39 ex inquilini di Palazzo
TRIESTE. Soldi già previsti a bilancio ma che, a leggerli messi in fila, fanno sempre una certa impressione. Chi lascia la Regione, da consigliere eletto, continua a portare a casa vitalizi e buonuscite. Nel primo caso c’è pure l’opzione di rinunciare all’assegno mensile e di farsi restituire in un'unica soluzione l’indennità che era stata trattenuta sullo stipendio proprio nella prospettiva della pensione pubblica. Così hanno deciso, come più di un ex in passato, anche Paolo Ciani e Franco Codega. Nel primo caso, vista una presenza in aula lunga ben quattro mandati, il consigliere di An per la prima volta in piazza Oberdan nel 1998 si vede ritornare dalla Regione un “tesoretto” di 355mila euro. Il consigliere del Pd si ferma invece a 123mila euro.
L’Ufficio di presidenza presieduto da Piero Mauro Zanin ha poi ratificato l’elenco dei beneficiari dell’indennità di fine mandato. Si tratta di 39 consiglieri cessati al termine dell’XI legislatura, che la Regione ringrazia con una spesa, tra indennità vera e propria e Irap, di 1 milione 862mila euro. A dominare la classifica è il forzista Bruno Marini, quattro legislature alle spalle, e 112.796 euro lordi da incassare a fine corsa. Cifre inferiori per Claudio Violino (82.587) e Luca Ciriani (82.056), che pure hanno messo assieme quattro mandati ma che avevano beneficiato negli anni precedenti di un anticipo della somma loro dovuta.
Molti altri consiglieri viaggiano sopra gli 80mila euro di buonuscita. Sono Enio Agnola, Paride Cargnelutti, ancora Codega, Alessandro Colautti, Stefano Pustetto, tutti a quota 85.114, e poi Roberto Novelli e Renzo Tondo (84.585), Daniele Gerolin (84.204) e Mauro Travanut (81.333). Poi ci sono le indennità per chi ha fatto un solo mandato, ci si ferma a 31.500 euro, ma pure gli “spiccioli” per chi l’aula l’ha visto per pochi mesi, se non per poche settimane. Si tratta di Roberto Marin (5.770 euro), di Micaela Sette e Luigi Cacitti (1.045), sostituti di colleghi dimissionari nella caotica situazione politica di inizio anno con una doppia, prolungata campagna elettorale.
A molti continuerà a sembrare un privilegio. Alessandro Corazza, nel 2011, aveva guidato una campagna dipietrista per cancellare la buonuscita. Senza contagiare quasi nessuno, peraltro. Le cifre sono comunque diminuite negli anni. In era Tondo, secondo il dettato della 38 del 1995, l’indennità di fine mandato, cui l’eletto contribuiva con una trattenuta mensile di 532,24 euro, era pari all’ultima mensilità dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato. In sostanza, 53.223,65 euro per una legislatura, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre. Con la riforma dei costi della politica targata Serracchiani, che ha fissato la paga base dell’eletto a 6.300 euro lordi al mese, con l’aggiunta di rimborsi spese da 2.500 e da 3.500 euro a seconda della distanza da Trieste, l’Idm è stata ridotta a poco più di 30mila euro. Anche se, mentre prima i consiglieri di vedevano trattenuto il 5% dell’indennità di presenza, ora non contribuiscono nemmeno per un centesimo. Un passo avanti nella direzione del risparmio è legato però al fatto che il trattamento a favore degli ex vale ora al massimo per due legislature. —
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