Buonuscita di tre milioni per i consiglieri

La Regione accantona sin d’ora a bilancio la somma destinata a liquidare gli “ex” nel 2013. Un mandato frutta 53mila euro
sterle trieste 06 05 08 consiglio regionale giunta tondo la prima
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di Marco Ballico

TRIESTE

A parole, al momento ci sono solo quelle, il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia sarebbe sul punto di partecipare da protagonista al contenimento dei costi della politica, cancellando i privilegi sin qui goduti al termine dell’esperienza in aula. Ma i fatti contenuti nel bilancio triennale dicono un’altra cosa. La previsione per il 2013, l’anno del rinnovo, vede infatti le spese correnti consiliari salire a 24,5 milioni dai 21,35 del 2012 e del 2014. Se un terzo dell’intera posta se ne va per pagare i vitalizi agli ex, quei 3 milioni 150mila euro in più serviranno invece a erogare agli uscenti l’indennità di fine mandato. L’intenzione pare proprio quella di tenersi ben stretta la “liquidazione”, quella che passa come sostegno al reinserimento nel mondo del lavoro e vale oltre 10mila euro annui per ogni anno passato in piazza Oberdan. Tradotto in legislature, dai 53mila euro dopo 5 anni ai poco meno di 160mila dopo 15.

Le proposte di legge

Nulla di illegittimo, sia chiaro. Il bonus è previsto in legge. Ma stona che, impegnata nel rivedere il sistema dei vitalizi, l’assemblea non ritenga di fare un ragionamento anche su quel ricco supporto al reinserimento lavorativo. Delle 14 proposte di legge sui costi della politica depositate dai gruppi, solo una contiene l’ipotesi di abrogare l’indennità di fine mandato. È la numero 129 dell’agosto 2010, a firma dei dipietristi Alessandro Corazza e Enio Agnola, e trae ispirazione dall’iniziativa del comitato referendario, subito stoppata, peraltro, dal Palazzo.

I referendari in attesa

Quel comitato, guidato dall’avvocato udinese Gianni Ortis, attende il 31 gennaio 2012, giorno in cui è fissata l’udienza del ricorso contro la decisione del Consiglio di respingere, perché ritenuti inammissibili, i quattro referendum abrogativi di vitalizi e buonuscita. Tra i promotori c’è la convinzione di potercela fare, ma i tempi si sono allungati. E non è detto che si riesca a chiudere eventualmente la partita prima di fine legislatura, quando quei 3 milioni e rotti andranno consegnati ai consiglieri in uscita. All’ultimo rinnovo, nel 2008, sono passati all’incasso in 35.

Il valore della buonuscita

La si chiami «buonuscita», indennità di «reinserimento lavoro» o, come scritto in legge, di «fine mandato», si tratta di sicuro di un bel gruzzolo: oltre 53mila euro per una sola legislatura e via via a raddoppiare e triplicare quella cifra in caso di militanza di più lungo corso. Il calcolo è semplice. Lo precisa la legge 38 del 13 settembre 1995: l’indennità di fine mandato, si legge all’articolo 6, è pari all’ultima mensilità dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato. Si tratta dunque di digitare l’attuale compenso di 10.644,73 e moltiplicare per 5 (53.223,65 euro), 10 (106.447,3 euro) e 15 (159.670,95 euro) per avere subito nero su bianco importi che rendono meno traumatico l’addio al Consiglio.

La trattenuta in busta paga

Certo, i consiglieri contribuiscono all’assegno. Sempre secondo disposizioni della 38, stavolta all’articolo 3, ciascun eletto si vede ogni mese trattenuto il 5% (attualmente 532,24 euro) dell’indennità di presenza proprio al fine di ottenere il “cuscino” per potersi reinserire nel mondo del lavoro una volta chiusa la parentesi politica. A conti fatti, il contributo (31.934,4 euro nell’arco di un quinquennio) copre non oltre il 60% di quanto poi incassato.

La metà in anticipo

Non basta. Ai consiglieri che abbiano esercitato il mandato per 8 anni, viene pure concessa la possibilità di chiedere l’anticipo del 50% dell’indennità maturata sino a quel momento. Almeno su questo i partiti sono d’accordo e lo scrivono nelle loro proposte di legge: l’opzione va cancellata. La norma principale, però, non viene messa in discussione. Eccezion fatta per il testo di legge dell’Idv che dice a chiare lettere nella relazione: «Il punto di partenza per una riforma dei costi della politica non può che essere la cancellazione dei privilegi assurdi e ingiustificati». Difficile immaginare che possa diventare un input contagioso dopo aver visto aperta la caccia al cavillo anti-referendum.

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