Buon Natale Filosofia! Ma la “f” andrebbe minuscola
Ho iniziato a seguire la serie televisiva Un professore – in cui Alessandro Gassman impersona Dante Balestra, un immaginario insegnante di filosofia – con un atteggiamento sospettoso, del tipo “vediamo un po’ cosa hanno combinato”, poi però la mia opinione si è modificata e alla fine ne ho ricavato un’impressione positiva.
Per chi non ne sapesse nulla, spiego che ogni puntata aveva come titolo il nome di un filosofo illustre, da Socrate a Kant, da Epicuro a Nietzsche, ma il professore in questione non era uno che si metteva in cattedra a dare spiegazioni scolastiche ai suoi allievi (di una scuola romana), quasi che quei grandi nomi che attraversavano l’intera storia del pensiero fossero semplici pretesti per affrontare le trame adolescenziali dei ragazzi, belle e meno belle nelle loro complicazioni: rapporti personali, famiglie problematiche, rischi di uscire dai normali binari e quant’altro. Mi chiedevo quasi automaticamente: “E la filosofia che fine ha fatto?”, “Si riduce a un semplice titolo di testa, messo solo per attirare?”.
Domande fuorvianti poiché il tentativo era precisamente quello di mostrare come l’insegnamento della filosofia non consista nell’aprire un libro seriosamente e commentare cosa ha scritto il famoso pensatore o come lo ha interpretato il suo valente studioso, tutti lì fermi, l’insegnante nel suo sedile un po’ rialzato (o in piedi solo il tempo per scrivere alla lavagna nomi e parole difficili), gli studenti bloccati nei loro banchi, quasi sempre annoiati e presto stanchi.
La filosofia può anche essere interpretata come una quantità di segnali che possono prendere corpo nelle esperienze quotidiane più comuni, piacevoli o spiacevoli che siano: d’altronde è dalle vite che si produce e nelle vite di ciascuno può incidere. Ed è anche significativo far vedere – come accade nella fiction di cui sto parlando – che le lezioni di filosofia non hanno bisogno di restare chiuse nell’aula, anzi diventerebbero più “vere” se si svolgessero all’esterno, prendendo spunti dai luoghi e dalle occasioni culturali. Per “vere” intendo che non siano fatte solo di parole alte, ma che riescano a entrare in contatto con i vissuti di chi ascolta l’insegnante e riconduca le sue parole ai propri problemi, bassi o terra terra che possano sembrare.
Non voglio dire che gli episodi di Un professore mi siano apparsi – una volta messo da parte il mio pregiudizio personale – chissà quale capolavoro: ho continuato a vedervi troppa semplificazione e un tasso di approssimazione che forse sono fatalmente il prezzo da pagare a una spettacolarità destinata al vasto pubblico. Quei grandi nomi meriterebbero un pudore più rispettoso che quasi sempre la televisione non riesce a garantire. Eppure, in questo caso, un esito positivo rimane e dà da pensare, al di là dell’osservazione immediata che paradossalmente la filosofia riesca a fare cassetta.
È una vecchia storia che inizia con i pareri dei “filosofi” (quelli attuali intendo), ospitati nelle prime pagine dei principali quotidiani, e che continua con i riflettori puntati dalla televisione, nei suoi più seguiti talk show, sulle star intellettuali del momento. A un certo punto il fenomeno sembrava in declino, adesso però è tornato in auge, pur circondato da qualche scetticismo, e pare che la parola “filosofia” continui a possedere una risonanza quasi magica. Comunque non è difficile rendersi conto che tra queste “parole di verità”, alle quali sembra quasi impossibile sottrarsi, e quelle “pratiche di vita” in cui il pensiero filosofico potrebbe e dovrebbe depositarsi, c’è uno iato molto consistente quanto inconsapevole nella maggioranza dei casi.
Ogni riferimento alla situazione di oggi (discussione sul vaccino e dintorni) non sarebbe per niente casuale, e davvero facciamo fatica a comparare gli effetti che un immaginario Dante Balestra vorrebbe suscitare nei suoi studenti con i proclami sulla libertà che i nostri reali intellettuali (o almeno alcuni di quelli che vanno per la maggiore) gridano da sopra le nuvole. Se ne parla fin troppo e comunque dedico anche a loro, attraverso queste annotazioni di etica minima, un fruttuoso buon Natale nella speranza che la effe di Filosofia riesca a trasformarsi in una lettera più minuscola.
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