Bunker di Opicina chiusi a tempo indeterminato

Il fondatore del Gruppo escursionistico triestino Mergiani decide lo stop alle visite «Da mesi ho chiesto al Comune l’autorizzazione all’attività, non ho avuto risposte»
Il bunker di Opicina
Il bunker di Opicina

TRIESTE. Il Gruppo escursionistico triestino ha deciso di interrompere le visite ai bunker di Opicina. Dopo oltre due anni di attività, e dopo aver accompagnato quasi novemila persone all’interno delle cavità artificiali risalenti al periodo storico tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, il fondatore del Gruppo stesso, Fabio Mergiani, ha interrotto infatti le giornate dedicate alle visite, provocando reazioni scontente tra i partecipanti. Tanto che sui social si è manifestata una vera e propria levata di scudi.

«Ho scelto io di non organizzare più le visite – conferma lo stesso Mergiani – anche perché ho chiesto parecchi mesi fa la concessione al Comune di Trieste e non mi è mai stata data risposta. Le persone ci sono rimaste male ma prima devo sistemare le questioni burocratiche».



I bunker di Opicina ai quali fa riferimento Mergiani sono tre. «Il primo è quello della trenovia Trieste–Opicina, quello che si nota sulla destra andando in direzione Trieste. Non è in uno stato di conservazione eccellente, ma è visitabile. C’è stato un piccolo crollo che sono riuscito a sistemare», afferma Mergiani.

Le altre due cavità invece si trovano esattamente sotto il camping Obelisco. «Questo fa in modo che esse siano meno soggette a crolli, la struttura del campeggio riesce a fare da tappo». La storia di questa zona racconta di violenti scontri durante la battaglia di Opicina, tra partigiani e nazifascisti, gli ultimi giorni di aprile e i primi di maggio nel 1945.

La volontà di interrompere le visite ai bunker nasce soprattutto in ragione della burocrazia e dei regolamenti che in questo caso la legge impone. «La nuova legge regionale in materia stabilisce che senza il patentino di guida speleologica autorizzata non posso più accompagnare le persone all’interno», precisa sempre Mergiani.

La domanda in questo caso sorge spontanea: ci possono essere state delle segnalazioni da parte di gruppi speleologici per il fatto che il Get non possiede alcuna autorizzazione in materia? «Può essere – commenta il fondatore – anche se sinceramente non riesco ad immaginarmi chi possa essere stato».

Per Marco Restaino, membro della Società adriatica di speleologia, «recuperare questa storia è stata una buona idea e il fondatore del Gruppo escursionistico triestino è certamente mosso da una grande passione. Tuttavia credo che bisognerebbe regolarizzare il tutto dal punto di vista dei regolamenti e della legge, magari chiedendo l’iscrizione ad un’associazione, coprire le visite con un’assicurazione e altri dettagli fondamentali per la sicurezza delle persone. Se qualcuno si fa male durante una visita cosa succede?».

Ciò che bisogna scindere nel caso delle visite ai bunker di Opicina, insomma, è la legalità dalla presunta illegalità, è la possibilità che vengano corrisposti dei soldi in cambio delle visite stesse, e che sussistano poi eventuali problemi di sicurezza per gli appassionati. «Abbiamo sempre chiesto un contributo a favore dell’associazione e mai un pagamento della visita», afferma Mergiani.

Il patentino di guida speleologica, ad ogni modo, Fabio ancora non ce l’ha, e le visite non sono coperte da un’assicurazione: «Faccio tutto questo per l’amore che ho per la storia e per la mia città, nient’altro. Dover interrompere le visite mi rattrista un po’ ma grazie alle persone che ho vicino, e che mi hanno sempre spronato a continuare, chiederò nuovamente la concessione e spero di poter risolvere questa situazione prima possibile». Fabio è convinto che già verso la fine dell’estate sarà capace di ricominciare, anche se in più di qualche caso è stato incoraggiato alla prudenza.

Gli scenari futuri potrebbero essere molti. Mergiani non ha come detto un’autorizzazione ad accompagnare le persone, quindi dovrebbe affidarsi a qualcuno (le guide speleologiche, ndr) oppure iniziare a seguire l’iter per conseguire lui stesso il patentino (operazione non semplice, costosa e neanche breve ndr). Inoltre il Comune di Trieste non ha un ufficio preposto alle problematiche o alle autorizzazioni per le cavità artificiali e, pur essendone spesso il proprietario, non si assume la responsabilità legale per concedere questi spazi a privati.

Come sbrogliare la matassa, quindi? «Spero che almeno riescano a rilasciarmi la concessione – conclude Fabio – anche perché è veramente un peccato non poter più mostrare questo pezzo di memoria cittadina ai triestini».

Tutto vero. Novemila persone in due anni non sono poche e le domande potrebbero continuare. Ma le normative, la burocrazia, impongono anzitutto la tutela, la sicurezza dei visitatori peronti finora a entrare nei bunker di Opicina a proprio rischio e pericolo.

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