Bullo rapinò due minorenni, condannato a 2 anni e 6 mesi
PALMANOVA. Contava di raggranellare un centinaio scarso di euro facendo il bullo con due studentesse e invece, con la sua prepotenza, ha ottenuto soltanto una condanna a due anni e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa. Senza contare il tempo trascorso in carcere da allora. E cioè dal 31 agosto scorso, quando Enea Kostic, 23 anni, nato a Udine e all’epoca senza fissa dimora, fu fermato dai carabinieri della stazione di Palmanova, cui i genitori delle due ragazze che poco prima aveva privato dei rispettivi cellulari si erano rivolti.
La sentenza è stata emessa ieri dal gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, al termine del processo celebrato con rito abbreviato su richiesta del difensore, avvocato Piero Pericolo. Il pm Lucia Terzariol, titolare del fascicolo, ne aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione e mille euro di multa. Kostic era chiamato a rispondere di due ipotesi di reato di rapina - una per cellulare -, di altrettante tentate estorsioni e anche dell’estorsione (questa consumata) del codice pin di uno dei due telefonini. Il giudice ha ritenuto di assorbire quest’ultimo capo d’imputazione nella rapina e di concedere all’imputato le attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravante (il fatto di avere approfittato della condizione di minorata difesa della vittima).
Presente in aula, il giovane si è scusato per il proprio comportamento. «Stava attraversando un periodo difficile – ha affermato l’avvocato Pericolo – e all’epoca, essendosi allontanato dalla casa dei genitori, non sapeva neppure dove stare. La sua è stata una bravata, finita oltre le intenzioni». E visto che nel frattempo la madre di Kostic, a sua volta presente, si è resa disponibile ad accoglierlo in casa, a Palmanova, il difensore ha chiesto la modifica della custodia cautelare con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari. Registrato il parere favorevole del pm, il gup si è riservato la decisione. Nel procedimento non erano invece presenti i genitori delle due minorenni, che hanno ritenuto di non costituirsi parte civile.
L’episodio era avvenuto vicino al campo di pallacanestro delle scuole medie. Entrambe le studentesse, due tredicenni del posto, possedevano un Samsung Galaxy del valore di 150 euro l’uno. Di fronte al furto - uno era stato preso dal tavolo su cui era stato appoggiato e, l’altro, sfilato dalla tasca posteriore dei jeans indossati da una delle amiche -, le minorenni avevano opposto una certa resistenza, chiedendone la restituzione. Da qui, la violenza di Kostic (e, quindi, la formulazione dell’ipotesi della rapina), che conoscevano soltanto di vista e che non aveva esitato a rispondere a una delle due che le avrebbe tirato «una sberla in bocca» e a spintonare l’altra. Poi era arrivata la proposta. Se volevano riavere i loro cellulari, avrebbero dovuto pagarli: 50 euro la tariffa chiesta a una, 60 euro all’altra, scesa poi a 40 e, infine, a 20 euro. Tutto vano. Girati i tacchi, le ragazzine se n’erano andate. E, di lì a poco, i carabinieri lo avevano trovato e trasferito in cella.
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