Bufera sulla Casa delle culture “in regalo”
La questione relativa alla Casa delle culture di Ponziana infiamma il dibattito politico nella seduta della Quarta Commissione consiliare presieduta da Salvatore Porro (Fdi). All’ordine del giorno la discussione della mozione presentata da Fabio Tuiach (Lega) nella quale si chiede «il ripristino della legalità nell’immobile di via Orlandini 38, occupato in modo abusivo da persone che disturbano i residenti con schiamazzi e musica ad alto volume ed imbrattamento delle pareti di edifici limitrofi», con l’impegno di «avviare, in collaborazione con l’Ater, un nuovo progetto a beneficio degli abitanti del rione». Ma a scatenare la bagarre politica è stata in particolare una delibera approvata dall’amministrazione comunale lo scorso mese di giugno. Un «atto di intesa» con il quale è stata assegnata «la disponibilità dell’immobile di via Orlandini 38 all'associazione “Ya Basta” a titolo precario e gratuito». Una delibera approvata dalla scorsa giunta il 3 giugno, alla vigilia delle elezioni amministrative e ratificata dagli uffici municipali qualche giorno più tardi, esattamente il 24 giugno, quando era già in carica la nuova amministrazione Dipiazza. Fatto questo che ha scatenato la rabbia dei consiglieri di maggioranza.
«Siamo di fronte ad un atto pre-elettorale della passata amministrazione che grida vendetta», ha attaccato Everest Bertoli (Fi): «Il Comune ha avuto dall’Ater la disponibilità dell’immobile già a febbraio e dunque c’era tutto il tempo per avviare una selezione. Un atto che non rispecchia l’indirizzo politico dell’attuale giunta che dunque ha pieno diritto di procedere in tempi celeri alla revoca del provvedimento per poi indire un nuovo bando di assegnazione degli spazi».
Concetti ripresi dal vicesindaco Pierpaolo Roberti, che parla di «una scelta politica della passata amministrazione che non ha affrontato temi importanti come il Piano anticorruzione, ma ha sentito l’urgenza di concedere uno spazio in continuità a chi lo gestiva in precedenza», e da Paolo Polidori, capogruppo Lega Nord, per il quale si tratta di «un provvedimento di bassa politica, inadeguato e strumentale che riguarda un luogo nel quale va ristabilito un principio di legalità».
Non si è fatta attendere la replica della capogruppo Pd Fabiana Martini, già vicesindaco, la prima a fare riferimento in aula al documento che ha scatenato la bagarre. «È la dimostrazione che non c’è nulla di strano e di nascosto», ha puntualizzato: «Parliamo di un atto ufficiale che evidenzia che non siamo di fronte ad una occupazione abusiva dell’immobile. Si tratta di un percorso intrapreso anche in altre occasioni, come nel caso del Circolo Miani, con una mozione approvata peraltro all’unanimità dal Consiglio comunale. I documenti amministrativi richiedono tempi lunghi e questo spiega l’approvazione in extremis. E' un fatto normale che alcuni atti siano ratificati negli ultimi giorni di mandato».
Per Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) «la possibilità di affidare quegli spazi a titolo gratuito era stata affrontata già ad inizio anno da Provincia e Comune e dunque non si tratta di una decisione dell'ultimo minuto». Ad animare la discussione anche le preoccupazioni espresse da molti consiglieri di maggioranza per una situazione che «crea paura e disagio tra i residenti» e dove era «già scattata una denuncia contro ignoti per un cambio delle serrature dell’immobile», cui ha risposto Marco Toncelli (Pd), secondo cui «c’è bisogno di maggiori elementi per affrontare una discussione seria sul tema». Le delucidazioni del caso sono arrivate da Antonio Ius, direttore Ater Trieste, che ha precisato che «i locali in questione sono di proprietà dell’Ater e possono essere affittati ad associazioni di volontariato e promozione sociale individuati dal Comune, come peraltro previsto dalla legge regionale del 2014», mentre il comandante della polizia Locale Sergio Abbate ha evidenziato che «nel caso di alcuni graffiti non autorizzati vi è la possibilità, viste le sigle, che siano collegabili a persone che frequentano la Casa delle culture, ma per far scattare la sanzione va individuato il singolo autore del degrado e fino ad oggi ciò non è stato possibile».
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