Bufera per l'esclusione di Manifesto e Avvenire nella biblioteca comunale: «A Monfalcone violata la Costituzione»

Giulietti (Fnsi): «Non escludo un esposto alla Consulta». Verna (Ordine giornalisti): «Un episodio che mette i brividi» Magris: «La libertà di stampa è una delle basi della democrazia». Niola: «Una censura fatta senza neppure il coraggio»
Bonaventura Monfalcone-13.02.2017 Biblioteca-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-13.02.2017 Biblioteca-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Avvenire e Manifesto tornano in biblioteca ma sono sequestrati
Bonaventura Monfalcone-25.09.2018 Biblioteca-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

TRIESTE «Una situazione di intolleranza grave e una negazione dell’articolo 21 della Costituzione, che si fonda proprio sulla libera circolazione delle opinioni e delle idee». Non usa mezzi termini Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa, il giorno dopo il caso dei quotidiani Avvenire e Manifesto letteralmente “sequestrati” all’interno della biblioteca comunale di Monfalcone. Dopo che l’anno scorso l’amministrazione leghista della città dei cantieri aveva tagliato l’abbonamento ai due giornali, un gruppo di cittadini con una colletta era riuscito a farli riavere alla biblioteca. Ma siccome gli abbonamenti non sono stati sottoscritti con l’amministrazione comunale, la biblioteca non ha il permesso di esporre i due giornali assieme a tutti gli altri: con il risultato che le copie del quotidiano cattolico e di quello comunista restano “intrappolate” al primo piano della struttura senza che nessuno le possa leggere.

«A mio giudizio si dovrebbe sollecitare l’intervento delle autorità di garanzia della comunicazione. È un caso tipico in cui l’Agcom dovrebbe intervenire. Dimostra che dietro tutto ciò c’è un pregiudizio ideologico e politico», rincara la dose Giulietti. «Ha assolutamente ragione il direttore dell’Avvenire Tarquinio a parlare di censura. E non è un caso che vengano presi di mira questi due quotidiani, che sono quelli che contrastano maggiormente lo spirito dei tempi. Ma assistiamo a una novità: mentre il Manifesto storicamente dà fastidio a questi “costruttori di muri”, altri giornali come l’Avvenire sono nel mirino oggi dell’intolleranza, perché ritengono essere il Papa il più pericoloso dei loro nemici». Giulietti ritorna poi sulla violazione della Costituzione: «Il sacro testo di riferimento degli amministratori è la Costituzione: non ce n’è ancora una leghista, pentastellata o democratica, ma c’è quella italiana che in materia è chiarissima. I cittadini – conclude Giulietti – se vogliono hanno ampia materia per rivolgersi alle autorità di garanzia nel settore della comunicazione, alla magistratura ordinaria e, se lo ritengono, perfino con un esposto alla Corte costituzionale. Ancora non ci sono zone de-costituzionalizzate in Italia e quindi anche a Monfalcone la Costituzione va rispettata».

«Una storia incredibile». È quasi incredulo Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti. «Un episodio oscurantista che mette i brividi. Io vado oltre la censura: così è proprio voler “bruciare” i giornali. Se metto insieme questo con altri episodi che stanno accadendo, inizio a pensare di scendere in piazza per difendere la libertà e la verità».

Gli fa eco il suo omologo regionale, Cristiano Degano, che parla di «scelta assurda e inspiegabile. Tagliare l’informazione non è mai una cosa positiva, tanto più da parte di una biblioteca che dovrebbe avere il compito di favorire la cultura e l’informazione. Spero che l’amministrazione ci ripensi».

«Se un’istituzione pubblica si mette a censurare dei giornali, andando a decidere cosa il cittadino può e deve leggere, è un ulteriore segnale di una stagione brutta che stiamo vivendo», commenta invece Carlo Muscatello, presidente dell’Assostampa del Friuli Venezia Giulia.

Ma a commentare il “caso Monfalcone” non sono soltanto gli organi della categoria dei giornalisti. «La libertà di stampa è una delle basi fondamentali della democrazia e, prima ancora, della libertà tout court», spiega lo scrittore triestino Claudio Magris. «A essere colpiti da questa interdizione sono due giornali molto diversi, su posizioni politiche estremamente distanti, ma due voci realmente libere e quindi questo per loro sarà un titolo di gloria: se si viene colpiti e interdetti significa che si fa qualcosa di buono».

Per l’antropologo Marino Niola quella dell’amministrazione è una «giustificazione capziosa. A fronte di un gruppo di cittadini che fa una colletta per sopperire alla mancanza di fondi – o alla mancanza di volontà – dell’amministrazione comunale, porre questa motivazione mi sembra fare una questione di lana caprina. È una censura fatta senza il coraggio di venire allo scoperto, trincerandosi dietro cavilli. Una situazione che dimostra come i cittadini siano migliori della loro amministrazione».

«Dà fastidio come questi due giornali trattano il tema dell’immigrazione», sostengono i cittadini promotori della colletta. E a guardar bene, dopo il caso di quest’estate con il tetto di bimbi stranieri imposto nelle classi del Comune, qui a Monfalcone – 28 mila residenti di cui seimila stranieri, il 22% – il “prima gli italiani” leghista è un mantra che la sindaca pasionaria salviniana Anna Maria Cisint ha portato a compimento.

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Nata politicamente in Forza Italia e passata per un periodo tra gli alfaniani, Cisint è presto salita sul Carroccio. Primo cittadino dal novembre 2016 (vittoria con il 62%), in campagna elettorale aveva scommesso proprio sul tema immigrazione, sottraendo la città a una lunghissima stagione di centrosinistra. Uno dei suoi primi atti da sindaco fu l’eliminazione delle panchine di piazza della Repubblica, molto apprezzate dagli stranieri. Poi è arrivato lo sfratto del cricket – popolarissimo tra la comunità bengalese, la più numerosa – dalla Festa dello Sport. A luglio di quest’anno è toccato al “decalogo” dei comportamenti da rispettare per gli stranieri: dal divieto di velo integrale negli uffici pubblici alla conoscenza della lingua italiana: curioso, poi, che si sia messo però un tetto ai bimbi stranieri nelle classi, in un Comune che è il terzo d’Italia per presenze straniere negli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Fino al caso del centro islamico bloccato, con i lavori fermi nell’ex supermercato comprato dai lavoratori di Fincantieri e con la comunità bengalese che si è vista costretta a ricorrere al Tar. –


 

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