Budin: «Due Liberazioni nella storia di Trieste entrambe da rispettare»

L’ex sottosegretario sul caso Furlanic: bene la targa per il 12 giugno, ma i nazisti scapparono il primo maggio
Milos Budin
Milos Budin

«Vi sono due date della Liberazione di Trieste e sono il primo maggio e il 12 giugno 1945, rispettivamente l’arrivo e la partenza delle truppe jugoslave. Il superamento delle divisioni sta nel fatto che chi ne riconosce solo una, non condivida ma accetti le ragioni anche di chi crede solo nell’altra». Milos Budin, sloveno di Trieste ma anche ex sottosegretario della Repubblica italiana, oggi presidente del Teatro stabile si esprime così dopo la contestatissima uscita filotitina del presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic.

Il 7 aprile 2009, Budin fece affermazioni “rivoluzionarie” in un confronto in cui scoprì molti punti in comune con l’allora presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth. «Il fascismo è un passato che non può tornare - affermò - il fascismo e la violenza proditoriamente subita oggi non possono più essere il riferimento per la nostra identità, per l’identità degli sloveni». Prosegue anche oggi su quella linea, ma senza spingere ancora più in là il “ribaltamento” dei vecchi valori. «Non sono contrario a una targa in ricordo del 12 giugno (una data che Furlanic ha negato abbia un neppur minimo valore, ndr.) - afferma - certo a patto che si misurino le parole dell’iscrizione. Non lo sono soprattutto perché la maggior parte della popolazione di Trieste, oggi come allora è italiana e visse o ricorda quella data con grande sollievo. Non si può però negare che un’altra parte, seppur minoritaria, della popolazione triestina composta soprattutto da sloveni accolse invece i titini il primo maggio come liberatori e in effetti fu l’arrivo della Quarta armata jugoslava che cacciò da Trieste i nazisti».

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Il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic

Secondo Budin a distanza di 70 anni emettere sentenze su quale delle due parti abbia ragione è un esercizio puramente sofistico che non risolve nulla. «Sbaglia di sicuro chi - sostiene - fa dell’una o dell’altra data una bandiera da agitare a scopo politico. Ragionando in questo modo non ha alcun senso - continua - che io dia un giudizio personale su quale sia secondo me la vera data della Liberazione. Sono nato nel 1949 e intendo guardare avanti». Ma qui, secondo l’ex senatore, si svela anche un ruolo che la città potrebbe e dovrebbe svolgere in futuro con ricadute in ambito culturale e turistico. «Proprio perché ospita ancora oggi idee e sensibiltà così diverse, oltre ad essere purtroppo stata teatro di tragedie, Trieste risulta il luogo ideale per realizzare un grande Museo del Novecento che con le tecniche più avveniristiche affronti queste problematiche dai più diversi punti di vista, partendo dall’inizio del secolo per comprendere la Guerra fredda».

Anche sull’uso dello sloveno in aula con traduzione simultanea o personale, Budin ha idee ben poco radicali: «Giusto utilizzarlo nella riunione di insediamento e in quelle solenni per conferirgli anche simbolicamente pari dignità rispetto all’italiano, ma volerlo usare nelle sedute di routine non farebbe altro che allungarle e appesantirle inutilmente». Ad attaccare Furlanic invece non ci sta anche se fa capire quale sia la sua idea: «Nella mia carriera ho presieduto diverse assemblee politiche e credo di aver sempre dimostrato nei fatti e nelle dichiarazioni un certo equilibrio».
 

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