Bucarest fra scandali e parate. E intanto l’economia corre veloce

A cent’anni dall’unificazione nazionale l’obiettivo è ora l’approdo nella zona euro che in molti temono

BUCAREST. Il primo dicembre scorso, nonostante una temperatura abbondantemente sotto lo zero, la Romania intera è scesa in strada sventolando bandiere nazionali ed esibendo coccarde tricolori blugiallorosse al petto o appuntate sui cappelli. A decine di migliaia a Bucarest si sono assiepati lungo il percorso della grande parata militare. Si celebravano i cent’anni dalla “Grande Unione”, i cent’anni dalla fine della Prima guerra mondiale che, con il dissolvimento dell’Impero austroungarico, aveva permesso alla Romania di abbracciare anche i territori della Transilvania fino a quel momento, appunto, soggetti all’imperatore. Ma più che la festa della “Grande Unione”, con tutti quei tricolori ovunque, sulle auto, sui balconi, lungo i grandi boulevard della capitale, sembrava la festa del “Grande Orgoglio”.

Eppure... «Eppure il lunedì, tornati in classe, ho chiesto agli studenti che mi parlassero della “Grande Unione”. Scena muta. Erano stati in piazza a festeggiare, ma non ne sapevano nulla o quasi...» racconta Federico Collesei, padovano, dal 2010 docente di italiano in uno dei due licei bilingui della capitale.

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Benvenuti a Bucarest, benvenuti nella capitale delle grandi contraddizioni. Città dal centro storico dalle linee architettoniche fascinose, città che sorride orgogliosa quando, e a ragione, viene paragonata a Parigi, città nella quale bene si mangia e bene si beve, città ricca di giovani studenti e vecchi intellettuali che passeggiano tra i mercatini di libri usati nella zona dell’Università. Città la cui periferia è punteggiata dalle gru dei cantieri dove nascono palazzoni che vengono costruiti (e i cui appartamenti poi venduti) alla velocità della luce mentre nel centro storico, tanti, troppi sono ancora i vecchi palazzi abbandonati, dai quali rischiano di cadere calcinacci tanto che i marciapiedi sono protetti dalle reti metalliche. Città in cui i meravigliosi parchi - di questi tempi già imbiancati dalla neve - sono attentamente curati da squadre di giardinieri mentre nelle vie di Lipscani (il centro storico sempre più ricco di centri massaggi...) si rischia di inciampare nella pavimentazione sconnessa...

A 39 anni dalla caduta del regime di Ceausescu i governi (nazionali e municipali) vengono cancellati uno dopo l’altro dagli scandali eppure la Romania gode di ottima salute. Nel 2017, grazie anche alla valanga di euro provenienti da Bruxelles (il saldo tra contributi versati all’Europa e fondi Ue incassati è in attivo per la Romania di 5 miliardi) l’economia è cresciuta del 6,9% con la disoccupazione caduta sotto la quota del 5%. Corre, l’economia, ma dove? Bella domanda, risposta impossibile. Perché anche questa è una contraddizione tutta romena. Mentre vi sono ministri che sognano che il prossimo traguardo sia il trionfale ingresso in zona Euro («Ci aiuterebbe a contenere l’inflazione e a rafforzare il commercio»), la premier Viorica Dancila (conosciuta anche come Lady Gaffe: una volta disse «stiamo riducendo la democrazia» invece che «stiamo riducendo la burocrazia», ed è solo un esempio...) resta freddina sul tema, e soprattutto la gente che si incontra per strada non sembra così entusiasta: sono preoccupati quanti (praticamente tutto il ceto medio) vivono con l’equivalente di 300 euro al mese (lo stipendio-tipo da queste parti) e temono ripercussioni pesanti per il loro potere d’acquisto con l’addio al leu, l’attuale moneta, e sono preoccupati gli imprenditori stranieri che qua hanno aperto le loro attività puntando proprio sulla moneta locale debole. In ogni caso, non se ne dovrebbe fare nulla almeno fino al 2024.

Intanto, sulla strada per l’aeroporto occhieggia la concessionaria della Ferrari mentre sventolano nel gelo di questo dicembre le bandiere dell’orgoglio romeno.
 

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