Brexit, tasse e prestiti d’onore: i rebus degli studenti

TRIESTE. Separati ma ancora conviventi nella stessa casa. Atmosfera bigia, clima pesante che si taglia con una lama. Lei non vede l'ora che lui prenda le sue valigie e se ne vada "per non prolungare l'incertezza". In questo caso lei è l'Europa, lui il Regno Unito, e lei cerca di accelerare le pratiche affinché lui se ne vada: una volta presa una decisione, non si torna più indietro insomma, questi sono i patti. Nel caos e nell'incognita che regna in giro per il vecchio continente a rimetterci forse saranno anche e soprattutto i giovani, quelli che paradossalmente hanno votato per il "remain". C'è chi è sorpreso, chi incredulo addirittura, chi non ha idea se il prestito d'onore per l'università varrà ancora nei prossimi anni. E chi ancora, calcolatrice alla mano, cerca di capire se è il caso di continuare a vivere in Inghilterra.
Gli studenti triestini che studiano oltremanica sembrano ben informati, anche se purtroppo non sanno quale sarà la loro sorte. Un po' di rassicurazione almeno c'è, perché ad esempio il King's college e l'Università di Exeter, così come altri atenei, dove studiano rispettivamente Martina Spazzapan, 22 anni, appena terminato il terzo anno di Medicina, Giorgia Marchesan, 20 anni, al primo anno di Politica e Alessandra de Visintini, 19 anni, appena finito il primo anno in Relazioni internazionali ad Exeter, hanno subito mandato una mail agli studenti dopo l'esito del referendum: «Il prorettore ha assicurato che l'università non cambierà - spiega Alessandra - si continuerà ad accogliere la comunità internazionale, quindi ho apprezzato questa mail, perché i nostri istituti sono preoccupati, il mio era favorevole a rimanere in Europa. Ci hanno detto anche che cercheranno di non cambiare troppo, però comunque penso che deciderà il governo».
L'incognita rimane il "dopo studi” e quel prestito d'onore per coprire le rette universitarie che di solito gli studenti devono restituire dal momento in cui iniziano a lavorare e quindi a guadagnare. «Fuori dalle aule - rivela Giorgia - abbiamo discusso molto dell'argomento Brexit: la maggioranza degli studenti sono preoccupati anche per le tasse, non si sa se aumenteranno, se si potrà ancora accedere ai prestiti. In fin dei conti siamo andati all'estero per costruirci un futuro stabile, e ora invece regna l'incertezza». «In definitiva - aggiunge Alessandra - io grazie all'Ue ho potuto studiare in Inghilterra, senza bisogno di un visto e ho utilizzato il prestito, che i giovani dopo di me probabilmente non potranno usare».
Venerdì mattina della scorsa settimana molti di loro si sono alzati con il fiato sospeso, ma non si aspettavano un risultato così. «Mi sono addormentata felice, c'era quel 52% del 'remain' in testa, poi mi sono alzata alle 4 di notte e ho visto il contrario di prima. È stato un bello schiaffo» spiega Martina. «Sto facendo un tirocinio in una start up dove tutti sono giovani tra i 24 e 35 anni - continua la studentessa di Monfalcone -. Tutti sono stati forti sostenitori del sì, rimaniamo dentro, ma quella mattina in ufficio la notizia è stata abbastanza tragica, l'atmosfera era pesantissima, si seguivano minuto per minuto i nuovi sviluppi, e poi le dimissioni di Cameron... Lui ha cercato il problema, lui se n'è lavato le mani, capisco che si è dimesso, ma non è il momento giusto».
Massimiliano Vascotto, triestino di 24 anni, quattro passati a Scienze internazionali e diplomatiche a Exter, seguiti da un master in International public policy all’Ucl londinese. Ora rappresenta le piccole e medie imprese nel Parlamento europeo a Bruxelles e dice con sicurezza: «Ha sbagliato Cameron a indire un referendum per motivi politici, lasciando poi il Paese. Capisco che lui esce dicendo non me la sento di gestirlo, è contro la direzione che avevo dato. Egoisticamente dice lascio, e rimarrà fino a ottobre. Però ha sbagliato a sottovalutare il problema, il referendum è stato troppo politico, e c'è tanta ignoranza, le persone sono state poco educate e regna molto populismo».
E non a caso Massimiliano lavora proprio in un'istituzione europea. «In Italia il lobbista, cioè quello che faccio io - racconta - è un lavoraccio, mentre alla Ue si rendono conto che le persone che scrivono le leggi, che sono incaricate di questo, non possono sempre sapere tutto, quindi la mia figura fa capire quali possono essere gli effetti prevedibili delle leggi».
Anche Katarina Pisani, appena laureata in scienze biomediche all’Università del Kent, a Canterbury, si dice preoccupata. A settembre si trasferirà a Cambridge per un master in chimica. «L'esito del referendum - sostiene - è preoccupante, non solo dal punto di vista degli studenti europei, che adesso sono rimasti con molte incertezze, ancora senza risposte, e con una grande delusione, ma anche per i ricercatori, i nostri insegnanti. Io rimarrò in Inghilterra sicuramente un altro anno, ma non sono più sicura che il mio progetto di rimanervi per trovare un eventuale sbocco professionale sia ancora realizzabile».
Chi invece dovrebbe preoccuparsi un po’ di meno - vista la piega che la vicenda politica sta prendendo in Scozia - è Mauro Candiotto, che segue il corso di Biochimica all'Università di Aberdeen. «Anche questo caso, sostiene - da quello che ha sentito, tutto ruota attorno al prezzo del petrolio. «Già quando dovevano separarsi dall'Uk, qui in Scozia - racconta - il prezzo del petrolio è sceso, il che ha danneggiato tutto il Paese. Alcuni criticavano fortemente l'Ue, ma soprattutto Londra, che decideva dove andavano i fondi». «Comunque, la campagna elettorale per lasciare mi è sembrata che fosse più attiva» sottolinea Mauro.
Perplessa anche Angelica Grusovin, al secondo anno di matematica a Londra: «L'esito del referendum mi ha colto di sorpresa, perchè la quasi totalità delle persone con cui ho contatti supportava il remain. Io studio matematica all'Imperial College di Londra e credo che per gli studenti già presenti in Uk cambierà poco in termini di rette e costi universitari, mentre qualche bel vantaggio noi europei lo avremo per il calo della sterlina che è scesa parecchio dall'inizio dell'anno». «Alla fine degli studi tuttavia - aggiunge - se non avremo un lavoro in Gran Bretagna non potremo più soggiornarvi liberamente e questo potrebbe pesare moltissimo». Angelica, oltre a studiare, ha anche la possibilità di fare un'esperienza di lavoro presso la banca d’affari Goldman Sachs, «dove c'è notevole preoccupazione perché Londra con la Brexit perde il suo ruolo di centro finanziario europeo: molti uffici di trading delle grandi banche della City dovranno essere presto spostati in altre sedi europee».
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