Brexit, Fermeglia: «Mobilità studentesca impatto devastante»
TRIESTE. Il mondo accademico triestino guarda con preoccupazione al Brexit. Dopo il voto di giovedì un grande interrogativo aleggia sul futuro degli scambi Erasmus con il Regno unito: a dispetto delle rassicurazioni del governo, infatti, il parere degli addetti ai lavori è che di soluzioni alternative all'orizzonte non ce ne siano. Almeno per il momento. E le ripercussioni si estenderanno anche al mondo della ricerca: un ambito che vedeva gli atenei britannici partecipare a progetti continentali la cui continuità e ora a rischio.
La ricerca è infatti uno dei settori in cui Brexit nuocerà di più all’Uk, dice il rettore dell'Università di Trieste Maurizio Fermeglia: «Ogni Paese membro dell'Ue versa una quota annuale per la ricerca - spiega -. Poi questi fondi vengono redistribuiti attraverso appositi bandi. C'è chi, come l'Italia, non se la cava gran che bene a raccogliere finanziamenti europei, per cui finisce per avere un saldo negativo». Ma questo non era il caso della Gran Bretagna: «Ironia della sorte, l'Uk era il paese più efficace nell'ottenere i fondi europei per la ricerca. Ciò significa che se versava 100 otteneva 200. E non penso che, con le difficoltà di bilancio che si prospettano ora a Londra, avranno sterline a sufficienza per colmare il vuoto dei finanziamenti dell'Unione».
Per questo e per altri motivi Fermeglia non è propenso all'ottimismo. «La mia opinione personale è che all'elettorato inglese sia mancato un ragionamento completo sull'effetto che l'uscita può avere nel medio e nel lungo periodo. Non si è voluto guardare al di là del proprio naso. Basti vedere che i giovani erano largamente per il "Remain"». I contatti del rettore oltremanica confermano la diagnosi negativa: «Le voci che giungono dalle mie conoscenze nel mondo accademico britannico sono tutte piuttosto disperate. Ci si aspetta un impatto molto pesante sulla ricerca, sia di base che applicata». Oltre alla questione dei fondi di cui sopra, aggiunge Fermeglia, c'è anche un altro nodo: «Ci chiediamo cosa succederà agli europei che fanno ricerca nel Regno unito. Dovranno ottenere permessi di soggiorno, visti di lavoro... è tutto da chiarire. Stiamo parlando anche di persone che tengono corsi universitari».
Fermeglia prevede infine un impatto «devastante» sulla mobilità studentesca: «L'Uk è un luogo in cui le tasse universitarie sono altissime, ma finora i cittadini europei potevano usufruire di strumenti compensativi». Ora dovranno sborsare cifre importanti: «Cosa faranno? Torneranno indietro?», si chiede il rettore. Senza contare che ancora non si sa cosa sarà del programma Erasmus: «Esser fuori dall'Ue significa esser fuori anche da quello», dice Fermeglia.
Il docente di Traduttori e interpreti, nonché delegato del rettore per la mobilità internazionale, Jose Francisco Medina Montero, entra nei particolari del problema Erasmus: «Devo dire che in realtà, anche nell'ambito del programma, i nostri rapporti con il Regno unito sono sempre stati piuttosto difficili. A loro non interessa molto imparare altre lingue e questo si riflette sulle adesioni». Al contrario di altri Paesi come Spagna, Francia o Germania, il Uk è restio allo scambio. Ecco perché al momento gli studenti Erasmus triestini nel Regno sono una quindicina, mentre gli inglesi a Trieste sono solo tre o quattro: «Ma questo vale anche per il resto d'Italia», precisa Medina Montero. Ci sono un paio di convenzioni Erasmus che stavano per essere firmate e che con tutta probabilità salteranno: «Ora ci vorranno due anni di negoziato prima di capire cosa succederà - prosegue il docente - ma di certo ci aspettiamo inconvenienti». Inoltre il programma non si limita allo studio: «Penso a "Erasmus + Traineeship", il ramo per i tirocini - dice -. Quello funziona bene anche con Uk: a oggi ci sono una ventina di nostri ragazzi là, perché le aziende britanniche apprezzano le competenze dei nostri laureati. Anche questo finirà».
Chiude Fermeglia: «Chi ha votato "Leave" non ha voluto guardare al di là del proprio "backyard", come dicono gli inglesi. Il danno ci sarà e spero almeno che sia di insegnamento per tutti gli altri stati membri. Il nostro futuro è l'Europa».
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