Bratušek non entra nel governo sloveno
BELGRADO. Nessuno sconto. Gli errori, anche politici, si devono pagare. Non sfugge alla regola l’ex premier sloveno, Alenka Bratušek, che patirà l’esclusione della sua Alleanza (ZaAB) dalla futura coalizione di governo per l’avventata decisione di autocandidarsi a commissario Ue, una mossa assai poco apprezzata dall’opinione pubblica di Lubiana. Così ha deciso mercoledì sera, con l’appoggio unanime del suo partito, il premier incaricato Miro Cerar, che già nei giorni scorsi aveva lasciato intuire di aver poco gradito l’iniziativa di autopromozione del suo predecessore. Cerar che ha poi precisato che la ZaAB e i suoi quattro deputati non saranno accolti nella coalizione perché «non c’è abbastanza fiducia» nel movimento politico creato dalla Bratušek. Bratušek che sarebbe colpevole e immeritevole perché con le sue dimissioni dopo la sconfitta nella battaglia per conquistare il controllo di Slovenia Positiva avrebbe condotto il Paese verso una severa crisi politica. E poi la faccenda della candidatura a commissario, all’origine degli scrupoli dell’Smc sull’opportunità della partecipazione del partito dell’ex primo ministro al nuovo esecutivo.
Alla fine, ha prevalso il “no” a Bratušek. La reazione dell’esclusa? Un po’ di naturale «delusione», perché l’estromissione del suo partito per effetto dell’autocandidatura a commissario Ue – autocandidatura finita nel mirino della Commissione nazionale anticorruzione -, è stata per lei una giustificazione «non convincente». E una forte arrabbiatura, come dimostrano le successive dichiarazioni, con le quali ha avvisato Cerar che la sua esclusione è azione «irresponsabile e un male per il Paese». Se si sia trattato di un azzardo da parte di Cerar lo si scoprirà nel corso dei prossimi mesi. Tutto dipenderà dalla tenuta del governo che sarà ora con altissima probabilità sostenuto da un tripartito di centrosinistra formato dall’Smc (36 seggi), dal DeSUS (10 seggi) di Karl Erjavec e dai Socialdemocratici (6 seggi), numeri che consentiranno di formare comunque un’agevole e stabile maggioranza di 52 parlamentari su 90.
E il premier incaricato, subito dopo aver annunciato il rifiuto a Bratusek, ha garantito che «siamo determinati a formare un governo forte e di qualità», quello di cui «ha bisogno in questo momento» la Slovenia. Slovenia che ha pure la necessità di contare su un ministro delle Finanze in gamba, anche per tenere sotto controllo il deficit, tornato a ruggire a luglio dopo due mesi di quiete. Uno come Dusan Mramor, autorevole e stimato economista, fautore delle privatizzazioni, già titolare del delicato dicastero tra il 2002 e il 2004. E sarà proprio Mramor il candidato dell’Smc a sedersi su quella poltrona, ha annunciato ieri lo stesso Cerar, assicurando che l’economista è l’uomo giusto «per consolidare le finanze pubbliche».
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