“Boss” di una finta onlus condannato per evasione

Scrigni, titolare di una realtà che forniva badanti, ha sottratto Iva per 143mila euro. Aveva emesso, incassato e fatto sparire fatture a nome di un’associazione chiusa
Un anziano passeggia in compagnia della badante
Un anziano passeggia in compagnia della badante

TRIESTE Onlus di nome, profit di fatto. La “punizione” sancita dal giudice, alla fine, vale più o meno i due terzi del “monte” tributario del quale, in origine, il pm e gli investigatori della finanza contestavano l’omesso versamento. Il triestino Paolo Scrigni, sessantatreenne dall’impegno di lungo corso nel settore dell’assistenza socio-sanitaria, è stato dunque condannato nei giorni scorsi, dal giudice monocratico Enzo Truncellito, a un anno e tre mesi per evasione fiscale. Si chiude così il processo che lo vedeva alla sbarra con l’accusa, formulata dal pm Matteo Tripani, di non aver pagato un quarto di milione di imposte tra il 2010 e il 2011 camuffando sotto la natura impropria del “senza fini di lucro”, e di conseguenza del “senza tasse”, quella che si configurava come un’attività imprenditoriale con il “core business” dell’assistenza domiciliare a pagamento, con diverse badanti a “libro paga”. Un’attività a proposito della quale gli inquirenti, due anni fa, alla chiusura delle indagini, avevano fotografato un fatturato di circa due milioni in un quinquennio.

La recentissima sentenza di primo grado, in particolare, ha riconosciuto Scrigni colpevole di omesso versamento dell’Iva per oltre 143mila euro ma non per i 107mila e passa contestati alla “voce” Irpef in quanto, in sostanza, sottosoglia rispetto alle prescrizioni della legge. Scrigni - difeso a processo dall’avvocato di fiducia Chiara Prospero del foro di Udine, che ha sostituito nel corso del procedimento l’avvocato triestino Raffaele Leo - è stato inoltre ritenuto responsabile, dal giudice Truncellito, dell’accusa di aver fatto sparire, di fatto distrutto, una serie di fatture emesse tra il 2008 e il 2011 a nome della sua onlus, risultata peraltro “cessata” il 31 dicembre del 2007, proprio in modo da poter sfuggire al dovere di versare al fisco determinate quote. Fatture che poi, per la cronaca, sono venute a galla lo stesso perché gli investigatori delle Fiamme gialle, attraverso precise indagini bancarie, ne hanno avuto copia direttamente dai clienti. Una fattura è una carta che difficilmente si può volatilizzare, insomma, anche perché non ce l’ha in mano un solo soggetto.

La vicenda giudiziaria riguardante Scrigni, come detto, era emersa nel 2014, quando il giudice per le indagini preliminari Guido Patriarchi, allora presidente aggiunto della Sezione Gip di Foro Ulpiano, aveva accolto la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero Matteo Tripani, il magistrato titolare del fascicolo di un’inchiesta portata avanti sul campo dai finanzieri del Gruppo Trieste. Un’inchiesta secondo cui nel 2011 Scrigni non aveva presentato determinate dichiarazioni relative al 2010 per 61mila euro sull’Iva e 45mila sull’Irpef, replicando poi l’evasione nel 2012 riguardo il 2011 per 82mila euro di Iva e 62mila di Irpef. Il tutto nascondendosi dietro l’Associazione Nuova Fides - onlus di “scopo” per giovarsi di un trattamento fiscale agevolato, costituita il 13 settembre del 2007 ma poi “cessata” il 31 dicembre di quello stesso anno - quando invece la sua attività era riconducibile secondo il pm a una effettiva ditta individuale che forniva servizi di assistenza domiciliare avvalendosi pure di personale retribuito. Badanti, insomma, pagate - sempre secondo le indagini - anche pochino, ma pur sempre pagate e dunque presunti finti “volontari” di una presunta finta organizzazione di volontariato. «È solo una questione di interpretazione della legge», si era difeso pubblicamente Scrigni all’epoca della chiusura delle indagini. La legge l’ha riconosciuto (in parte) colpevole.

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