Bosnia, mine anti-uomo uccidono ancora

In 2mila rischiano la vita a 700 euro al mese, censiti 19mila campi della morte
Uno sminatore bosniaco
Uno sminatore bosniaco

Rischiare di morire su una mina anti-uomo per 700 euro al mese? In Bosnia-Erzegovina si può. Sì, perché il cancro della disoccupazione rende appetibili anche i “mestieri” più pericolosi al punto che oggi a fare gli sminatori nel Paese balcanico sono in 2mila tutti regolarmente registrati e con tanto di patentino. E la maggior parte di essi sono giovani, pronti a rischiare la vita pur di poter percepire a fine mese uno stipendio che è il doppio della media nazionale.

E, soprattutto, non rischiano di perdere il posto di lavoro. Perché in Bosnia il problema dello sminamento che doveva concludersi nel 2009 non sarà ultimato, in base alle ultime stime, nemmeno nel 2019, prossimo termine datosi dalle autorità di Sarajevo. Il rischio di morire però resta. Ed è altissimo, visto che dall’inizio delle operazioni di sminamento a oggi sono morti già 47 addetti a questo compito.

«È un lavoro pericolo e stressante», racconta al quotidiano Dnevnik, Radosav Živkovi„ che all’opera di sminamento ha iniziato a dedicarsi dopo aver perso egli stesso una gamba su una mina anti-uomo quando aveva 28anni nel pieno del conflitto che ha insanguinato la Bosnia-Erzegovina. Ha fondato una società no-profit, la “Stop Mines” che da sedici anni oramai è impegnata nel compito di annientare questi killer silenzioni che si annidano pochi centimetri sotto il terreno.

«Ogni giorno con un nodo nello stomaco - spiega il “cacciatore” di mine Nikola Milivojac - entri nel campo minato e fino a quando nn ne esci devi lasciare fuori dalla tua mente qualsiasi altro problema, devi essere assolutamente e totalmente concentrato su quello che stai facendo». Milivojac ha iniziato questo lavoro nel 1996, così come molti altri giovani bosniaci, perché ti dava un buon stipendio. A quei tempi il lavoro era ancora più pericoloso, le mine interrate erano ancora relativamente nuove e per farle detonare bastava un tremolio minimo e poi c’erano moltissimi campi minati assolutamente non segnalati. Molti ragazzi hanno iniziato con l’intenzione di darsi allo sminamento per uno o due anni, ma in tanti sono rimasti all’opera anche 15 anni, e molti ci hanno rimesso la vita.

Così come dalla fine della guerra a oggi sono morti ben 603 civili saltati sulle mine anti-uomo che non scelgono le loro vittime. Quelli che invece sono sopravvissuti dopo le prime cure negli ospedali bosniaci sono stati inviati per farsi impiantare una protesi e per la riabilitazione fisica e psicologica nel centro Itf di Lubiana specializzato in questo tipo di patologie. Fino ad oggi ha curato 1.236 casi di cui 829 provenienti dalla Bosnia-Erzegovina. Gli altri sono giunti in Slovenia dall’Albania, dalla Croazia, dalla Macedonia, dal Kosovo, dalla Striscia di Gaza, dal Libano e dalla Libia.

Sul fondo fiduciario della Itf slovena sono fin qui transitati 384 milioni di dollari per l’aiuto alle vittime delle mine e per lo sminamento che ha fin qui, secondo i calcoli comunicati, interessato qualcosa come 129 milioni di metri quadrati di territorio. Solo in Bosnia sono stati fin qui registrati 19mila campi minati. Il rischio resta alto. spiegano a Sarajevo, anche perché in questi tempi di crisi sempre più gente si reca nei boschi a fare legna o in cerca di metalli abbandonati.

Le mine anti-uomo rappresentano un pericolo in ben 59 Paesi nel mondo e la Bosnia-Erzegovina detiene il non invidiabile record di area più pericolosa per questo rischio in Europa. Ricordiamo che alla Convenzione di Ottawa che proibisce l’uso delle mine anti-uomo hanno aderito 162 Paesi del mondo, ma tra questi non ci sono, ad esempio, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India, l’Egitto, l’Arabia saudita, l’Iran, l’Iraq, la Corea del Sud e quella del Nord.

Dunque, come si può vedere, le mine continuano a essere usate da Paesi che hanno conflitti in atto oppure hanno contenziosi territoriali da risolvere. Ma nell’epoca delle guerre super tecnologiche, neanche le super potenze mondiali vogliono abdicare a questa tecnica di guerra degna della più becera barbarie che va a colpire, soprattutto i civili, diventando così automaticamente crimini di guerra.

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