Bosnia, dopo il voto è stallo istituzionale per i veti incrociati fra le tre etnie
SARAJEVO La Bosnia-Erzegovina, istituzionalmente una sorta di Jugoslavia in miniatura, dopo le elezioni del 7 ottobre scorso vive nello stallo più completo. L’unica ala “movimentista” è quella serba che con Milorad Dodik, eletto alla presidenza collegiale del Paese, ha appena siglato un patto politico con l’Hdz-Bih, ossia l’ala bosniaca del partito di destra al governo in Croazia. In altre parole è un po’ come se il diavolo venisse a patti con l’acqua santa.
E così, mentre la vicepresidente del Parlamento federale, Borjana Krišto, dell’Hdz-Bih ha rinviato la riunione costitutiva dell’assemblea con la motivazione che «C’è ancora tempo», di fatto il tutto rimane blcccato dai veti incrociati dei presidenti delle tre etnie, che devono raggiungere l’unanimità anche sulla data della riunione suddetta. Comunque il termine ultimo sancito dalla Costituzione è il prossimo 5 dicembre.
Veti incrociati, dunque, tra i partiti che in Bosnia-Erzegovina, pur avendo denominazioni “occidentali”, rappresentano di fatto le tre etnie principali del Paese: la bosgnacca, la croata e la serba. È il caso del Partito socialdemocratico indipendente, guidato dal neoeletto presidente Milorad Dodik, presidente anche della Republika srpska, l’entità serba, per l’appunto, della Bosnia-Erzegovina profondamene legata a Belgrado cui ammicca anche per una possibile annessione.
Ebbene, Dodik ha abilmente cavalcato il malessere dell’Hdz-Bih (che equivale al malessere del governo croato) per aver visto il proprio candidato alla presidenza collegiale bosniaca Dragan Čović sconfitto pesantemente da Željko Komšić votato in massa dai bognacchi, e ha ammaliato gli orfani di Tudjman in un’alleanza nata soprattutto per riformare la legge elettorale così da vietare che i bosgnacchi abbiano il diritto di votare per il candidato croato alla presidenza (causa per cui Čović è stato sconfitto).
Dodik, nel suo commento, è stato astutamente “evangelico” sostenendo che l’alleanza non è stata costituita contro i bosgnacchi, i quali, comunque, per il presidente serbo sono i maggiori colpevoli per lo stallo e l’immobilismo politico del Paese perché non guardano anche agli interessi delle altre etnie commettendo così facendo lo stesso errore della Jugoslavia. E come è finita la Jugoslavia lo sappiamo tutti.
E se le parole di Dodik non promettono nulla di buono, l’opera dei partiti etnici bosniaci viene bocciata anche dal nuovo ambasciatore britannico a Sarajevo, Matthew Field il quale propone al prossimo governo di Sarajevo di lavorare su 4 punti fondamentali: creare posti di lavoro con gli investimenti esteri, lotta al crimine organizzato e alla corruzione, la ristrutturazione delle mal funzionanti aziende di Stato. Già, ma prima serve un governo, un’opera titanica in Bosnia. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo