Boschi sloveni, Stato e Chiesa in tribunale
LUBIANA. In Slovenia si riaccende la tensione tra la Chiesa e il governo. Motivo del contendere resta il processo di denazionalizzazione. Le autorità ecclesiastiche nelle more di un processo non ancora concluso e iniziatosi negli anni Novanta chiede l’indennizzo all’esecutivo di Lubiana per non aver potuto gestire economicamente soprattutto i boschi e le tenute agricole che sono di sua spettanza.
La Chiesa si è rivolta per questo al tribunale e quello circondariale di Lubiana in prima istanza ha sentenziato che lo Stato sloveno deve risarcire i porporati con 16 milioni di euro per i mancati introiti relativi alla gestione delle foreste. Ma alla Chiesa non basta. Ha già interposto appello. La sua richiesta ammonta, infatti, a 32 milioni di euro. Per il governo una via di fuga ci sarebbe: la concessione delle proprietà spettanti alla Chiesa nelle more della conclusione del processo di denazionalizzazione.
Ma l’esecutivo non molla e la spiegazione del muro contro muro è abbastanza semplice se seguiamo il ragionamento fatto dall’ex premier Alenka Bratušek, leader della sua omonima formazione partitica. La Chiesa, infatti, è “colpevole” del 10 per cento dei buchi che il sistema bancario sloveno (leggi contribuenti) ha dovuto ripianare. Tra i primi quattro creditori che sono stati trasferiti nella Bad Bank, tre sono di proprietà della Chiesa slovena, ossia i fondi Zvon 1, Zvon 2 e T-2. Complessivamente stiamo parlando di 450 milioni di euro «il che significa - sostiene Bratušek - un debito di 750 euro per ogni pensionato sloveno, la metà del valore della realizzazione del secondo binario della ferrovia Capodistria-Divaccia».
Per questo motivo il partito della Bratušek ha inviato una lettera alla Chiesa slovena in cui viene espressa la speranza che la stessa rinunci al risarcimento dovuto per le more della denazionalizzazione a favore dei cittadini sloveni, i quali, alla fine, saranno coloro che dovranno pagare. Il partito di Bratušek si augura, sempre nella missiva, che la Chiesa dimostri il suo amore per la gente, altrimenti auspica che lo Stato non versi mai la somma richiesta dalle autorità ecclesiastiche. Ma l’arcivescovo di Lubiana, Stane Zore ha già bocciato la proposta Bratušek etichettandola come anticostituzionale e illegale.
E qui ci sediamo alla più classica cena delle beffe. La Chiesa slovena, infatti, alla Rtv Slovenija dichiara che si sarebbe accontentata di meno di 7 milioni di euro di risarcimento, ma ad opporsi a tale “mediazione” sarebbe stato il Fondo dei fondi agricoli. Ma secondo fonti sempre della Tv di Stato slovena le autorità ecclesiastiche mentirebbero sapendo di mentire richiedendo ufficialmente, infatti, assieme al su menzionato Fondo, 32 milioni di risarcimento dallo Stato.
Ma nella contestazione non ci sono solo boschi e terreni agricoli di proprietà della Chiesa e che furono nazionalizzati dalla ex Jugoslavia di Tito. In ballo ci sono anche parecchi immobili. Per i quali le autorità ecclesiastiche slovene hanno chiesto un indennizzo pari a 5,5 milioni di euro. Ne avrebbero ricevuto 2,3 da parte dello Stato. Il contenzioso comunque è stato chiuso unicamente per circa la metà degli immobili in oggetto.
Ritornando al processo di denazionalizzazione, tutti sono d’accordo nell’affermare che lo stesso sta durando decisamente troppo a lungo ma i due soggetti, ossia Stato e Chiesa, si accusano a vicenda di questo ritardo.
La direttrice del Fondo dei terreni agricoli e dei boschi della Repubblica di Slovenia, Irena Šinko afferma che all’arcidiocesi di Lubiana sono state fatte due offerte per cercare di chiudere la questione in modo amichevole, ma entrambe sono state rifiutate dai porporati sloveni.
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