Bordon, dalla scena politica al palco del “Quirinetta”

Nel 2008 lasciò il Parlamento per darsi al fiorente business del biocombustibile Ora a Roma ha acquistato e restaurato un teatro: in cartellone, da Germano a Dix

di Arianna Boria

Dalle rassegne estive per ragazzi a Muggia alla proposta di legge sul teatro presentata con Strehler, iniziativa “galeotta” che favorì pure il suo incontro con la moglie, all’epoca nel sindacato attori. Non c’è niente da fare, Willer Bordon il palcoscenico ce l’ha nel sangue. Al punto che se n’è appena regalato uno, nuovo di zecca, ma con un passato così glorioso come salotto culturale dell’alta borghesia romana da continuare a suonare jazz e proiettare film in lingua originale anche sotto il fascismo.

Dal 6 dicembre scorso il “Quirinetta”, o meglio, “la Quirinetta” come lo si vezzeggiava negli anni Trenta, luogo simbolo a due passi dalla fontana di Trevi, ha riaperto i battenti grazie al muggesano “Tex”, che ci ha investito nell’acquisto e nel restauro, a metà con il socio attore e regista Geppy Gleijeses, qualcosa come cinque milioni di euro. «Ho voluto rinverdire i vecchi amori» scherza l’ex ministro dell’Ambiente, che ha anche un pollice verde d’oro, visto che, liberatosi senza rimpianti dalla casacca di parlamentare nel giorno del suo compleanno, 16 gennaio 2008, ha fatto del biocombustibile ricavato dalle alghe un business così fiorente da potersi permettere di «buttare via» qualche soldino nella cultura, sperando anche «di non rimetterci».

Milleduecento metri quadrati rimessi a nuovo con un restauro lampo, iniziato ad agosto, hanno ridato smalto al teatro firmato nel ’22 dal Piacentini liberty, inaugurato nel ’27 da Pietro Mascagni, e chiuso definitivamente una decina di anni fa dopo essere diventato, da cinema da “prime” negli anni ’50, sala commerciale, poi in perdita. «Geppy Gleijeses ha vinto la gara europea per gestire il “Quirino Vittorio Gassman” che ha mille posti e a me interessava ottimizzare le risorse per il “Quirinetta”, che ne ha circa trecento». Ecco, allora, la società culturale in “controtendenza”, per riconsegnare alla città - si inorgoglisce - «uno spazio che come fast food o pizzeria avrebbe certamente fruttato di più».

Il cartellone si è aperto con Elio Germano, adesso in scena c’è l’”Oblivion show” di Gioele Dix visto nell’aprile scorso al Rossetti di Trieste, mentre, per coincidenza, la moglie di Bordon, Rosa Ferraiolo, è in sala Bartoli con il monologo “Spie” prodotto dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia.

E la politica? Nessun rimpianto, a cominciare dal portafoglio. «Quando la facevo avevo i conti sempre in rosso, adesso - minimizza “Tex” - diciamo che le cose vanno discretamente bene». Neanche un’ultima tentazione, per un trasformista di lunga navigazione? «Ma per l’amor di Dio. Quando mi sono dimesso, per farmi coraggio, ho detto che mi facevo un regalo. Oggi dico che è stata una vincita al totocalcio. Non si può restituire credibilità alla politica con le stesse persone. Bisogna proprio chiudere una pagina».

Meglio, allora, un altro tipo di spettacolo. Che, peraltro, Bordon ha frequentato anche da parlamentare, quando debuttò in “Mario, Maria e Mario» di Scola, interpretando un segretario di sezione del quartiere - le coincidenze della vita - Trieste. Adesso è lui a produrre, con la società Òrchestra, fondata con la moglie e altri amici. La sua ultima “creatura” è “Piccole idee”, opera prima del giovane Giacomo Faenza, figlio di Roberto, quattro storie agrodolci girate con attori non professionisti. «Un Ken Loach italiano», sintetizza lui.

Di “Tex” gli amici politici dicevano: «È quello che vede giusto, quello che alla fine del film ha la storia più bella». A dir poco lungimiranti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo