Boom del lavoro da casa e limiti della rete

Aumentato almeno del 10% l’utilizzo del web a seguito dell’impennata di smart working. Sfida strutturale e culturale

TRIESTE Un aumento stimato del 10% sull’utilizzo della rete per il lavoro da casa o smart working. Una sfida che l’Italia dovrà imparare ad affrontare e i cui limiti sono emersi in un periodo in cui il coronavirus ha sconvolto le abitudini di tutti.

Quella del lavoro da remoto è in verità una pratica sempre più utilizzata in molte aziende come spiega Michele Balbi, presidente di Teorema e fondatore di Tilt, realtà nata per supportare le aziende nel passaggio al digitale. «Se l’impresa ha lavorato per tempo - spiega - lo smart working non è drammatico, anzi. Noi abbiamo visto nel corso degli anni che la produttività di chi opera da casa aumenta in maniera importante. Oggi abbiamo programmatori che lavorano tra di loro in gruppi da sei e che sembra siano alla stessa scrivania quando in realtà non sono neanche nella stessa città».

Se per un professionista o una piccola azienda il passaggio è semplice, il discorso è più complesso per quelle realtà medio piccole. «Il primo passaggio richiesto - spiega Balbi - è quello culturale, il ministro all’Innovazione digitale Paola Pisano stava operando in maniera molto importante in questo senso serviva però del tempo che oggi non abbiamo. La legge che esiste è del 2017 ed è frutto di una mediazione che non la rende appieno funzionale. Il lavoratore deve capire che essere a casa è un’occasione per produrre e non per poltrire. L’azienda invece deve comprendere che se il dato è fruibile, è usabile per produrre. Questo significa appoggiarsi ai cloud e a programmi in grado di connettere i lavoratori che devono aprirsi sempre più ai sistemi collaborativi. Ne esistono vari tipi, chiaramente tutto deve essere adeguato al lavoro da svolgere perché, ad esempio, quello amministrativo è diverso da quello progettuale».

Se si creano le macchine - le postazioni di smart working - e i distributori - il cloud in cui il lavoratore può prendere i dati -, ecco che sono fondamentali le infrastrutture per farle circolare: nella metafora sono le strade, nella realtà la connessione internet. In questo senso l’Italia sta pagando un deficit storico. «Fastweb - fanno sapere dall’azienda - è presente in provincia di Trieste con un’infrastruttura di rete in fibra ottica ad alta velocità che copre l’84% del territorio, di cui circa il 30% in Fiber To The Home (ovvero la banda più veloce, ndr). A livello nazionale, quasi il 70% dei clienti Fastweb ha accesso a una connessione Internet domestica a banda ultralarga in fibra ottica». In questi giorni, sempre Fastweb, ha confermato un incremento dell’uso della rete del 30%, in linea con quello nazionale. In realtà nelle ore lavorative l’aumento è stato “solo” del 5-10%, condizioni definite come ampiamente gestibili dall’operatore. Sui social c’erano state lamentele non collegate a Fastweb su alcuni rallentamenti.

Oltre alle reti una nuova sfida passa per la scuola. «Oggi gli insegnanti stanno facendo i salti mortali - spiega Balbi - ma né gli studenti né i loro genitori. Banalmente su 100 alunni solo in 50 sanno usare una mail perché prediligono sistemi di messaggistica istantanea, mentre ad esempio alcuni professori usano la posta elettronica. A questo quadro si aggiunge il fatto che i genitori spesso non sanno cosa fare. C’è in sostanza un divario culturale enorme. Sono però convinto che dal prossimo anno, o al massimo tra due, ci sarà una sessione di introduzione alla tecnologia, che spesso confondiamo con l’informatica, e all’utilizzo di diverse piattaforme creando un sistema più funzionale». —

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