Bonus spesa, chiesti i nomi dei beneficiari: ora le Fiamme gialle setacciano l’Isontino
MONFALCONE L’autocertificazione richiede innanzitutto veridicità e rigore. Ma è proprio la riscontrata mancanza di serietà da parte di chi aveva l’obbligo di adempiere con diligenza all’iter e invece ha monetizzato alla borsa nera quanto avrebbe dovuto utilizzare esclusivamente ai fini della propria sussistenza oppure ha dichiarato il falso sulle sue condizioni economiche, che ha fatto finire nel mirino delle Fiamme gialle isontine i bonus spesa.
È infatti partita lo scorso 9 giugno la richiesta, sottoscritta dal comandante provinciale della Guardia di finanza, colonnello Antonino Magro, ai 25 comuni dell’Isontino di fornire l’elenco dei percettori dei buoni spesa alimentari, i cui fondi sono stati stanziati da Roma su iniziativa promossa dal governo Conte con il decreto legislativo “Cura Italia”. Poi rifinanziato con altro, recente analogo dispositivo ribattezzato “Rilancio”. Una misura che ha visto i sindaci, in assenza di particolari procedure, definire in autonomia i criteri di erogazione – legati in primis all’emergenza Covid-19 – e che ha permesso la somministrazione di forme di sostegno della spesa alimentare in tempi celerissimi, rispetto agli standard.
Il welfare isontino, messosi in moto con efficienza nel bel mezzo della pandemia, ha pertanto assicurato a migliaia di famiglie in difficoltà economiche il diritto ai buoni. Poiché tuttavia questi strumenti si fondano sul principio dell’autocertificazione da ultimo è entrata in campo la Gdf per stanare eventuali furbetti. Ciò è avvenuto in considerazione del fatto che si sono registrate, altrove, delle storture. E il governo si è allarmato. A metà maggio, per esempio, era emersa l’esistenza a Trieste di una sorta di mercato nero dei tagliandi, ritirati gratis in Comune e poi rivenduti sotto banco. Non c’erano nomi, ma forti sospetti sull’esistenza del fenomeno: Carlo Grilli, l’assessore alle Politiche sociali del capoluogo aveva lanciato l’allarme, allertando la Finanza. Ma il mandato a fare controlli, stavolta, è giunto da Roma, e anche in altre Regioni si procede a verifiche. Perfino più capillari, chiedendo somme erogate, copie di autocertificazioni, informazioni sui beneficiari. A scanso di equivoci, comunque, il comando provinciale chiarisce che nel mirino dell’iniziativa volta a tutela della spesa pubblica «non ci sono assolutamente gli enti», ma solo quanti potrebbero aver dichiarato il falso o ceduto in violazione delle disposizioni vigenti i ticket per acquisire contante anziché comperare i beni di prima necessità. E, in ogni caso, quelli avviati non sono controlli a tappeto, bensì a campione. Insomma, attività in modalità soft. Ma pur sempre di verifica si tratta, sicché quanti hanno fruito della modalità di sostegno faranno bene a conservare scontrini e pezze giustificative, perché non si sa mai. Alcuni sindaci non hanno battuto ciglio, altri si sono detti sorpresi. Uno, dopo la richiesta di trasmissione della documentazione, si è rivolto alle autorità per chiedere delucidazioni, chiarire i termini dei controlli.
Una volta acquisite le informazioni i finanzieri avvieranno i riscontri sulle spese. E, se si configureranno eventuali illeciti o abusi nella gestione dei bonus, è facile immaginare che un’informativa raggiungerà la Procura di Gorizia. —
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