Bon, viaggio senza fine dopo la liberazione su una nave in avaria

Il triestino, rimasto in ostaggio ai pirati oltre 10 mesi, sta lentamente rientrando. Il 7 arriverà negli Emirati
Silvano Trieste 29/12/2011 Festa per la liberazione di Eugenio Bon, organizzata dal Comune di Trieste
Silvano Trieste 29/12/2011 Festa per la liberazione di Eugenio Bon, organizzata dal Comune di Trieste

di Matteo Unterweger

A una media di 4 nodi. Lenta, lentissima. La Savina Caylyn continua il proprio viaggio in mare verso gli Emirati Arabi, da dove i componenti del suo equipaggio potranno poi fare finalmente rientro a casa in aereo. Fra loro c’è anche il triestino Eugenio Bon, atteso in città se non già nel weekend alle porte, presumibilmente nei primi giorni della prossima settimana.

Dopo essere rimasti per oltre dieci mesi nelle mani dei pirati somali (dall’8 febbraio scorso, giorno dell’attacco alla nave in pieno Oceano Indiano, sino al 21 dicembre, cioè poco più di due settimane or sono), per i marinai il tempo del rientro scorre a rilento. Quattro nodi, cioè indicativamente un’andatura di almeno tre-quattro volte inferiore rispetto a quella standard, equivalgono, su terra, a una velocità - se così si può definire - di poco più di 7 chilometri all’ora. Quando le condizioni meteo sono favorevoli, la Savina, scafo della compagnia Fratelli D’Amato con sede a Napoli, arriva anche a 6 nodi, ma la sostanza non cambia. E tutto questo a causa dei problemi tecnici di cui è vittima la petroliera. Una beffa del destino per i 22 membri dell’equipaggio (di cui 5 italiani e 17 indiani) dopo il calvario, l’angoscia e le sofferenze patite nell’arco del lungo periodo del sequestro.

La petroliera è scortata, nell’operazione di rientro a terra, dalla fregata Grecale della Marina militare italiana, unità missilistica incaricata di vigilare sulla Savina, dopo la terribile esperienza vissuta dal blitz dei pirati, avvenuto a 880 miglia di distanza dalle coste della Somalia, fino al giorno della liberazione. A fare ufficialmente il punto della situazione è l’ufficio stampa della Marina militare: «La Savina Caylyn si sta dirigendo molto lentamente verso gli Emirati Arabi. Procede a una velocità sui 4, 5 o 6 nodi, dato che viene influenzato dalle condizioni del mare, dalle correnti e dalla situazione meteorologica». A limitare la velocità sono una serie di guai tecnici: «Sono stati riscontrati dei problemi di carena, che è malconcia e sporca, alla luce anche di tutti i mesi in cui la nave è rimasta ferma. Vi sono inoltre delle altre avarie meccaniche per le quali ci sarebbe la necessità di interventi che potranno essere effettuati solo una volta arrivati in porto. Per il 7 gennaio, data indicativa, è previsto l’arrivo negli Emirati Arabi. Da lì, i marittimi imbarcati faranno rientro nei rispettivi Paesi d’origine per via aerea». In molti si chiedono come mai i reduci dal sequestro non siano stati recuperati con l’invio di un aereo o di un elicottero sul posto per velocizzare le operazioni di rientro, con il contestuale arrivo di un altro equipaggio pronto a rimpiazzarli per condurre lo scafo a destinazione dopo i patimenti di oltre dieci mesi? «La prassi scelta in casi del genere è questa», fanno sapere ancora dall’ufficio stampa della Marina militare.

Con Bon e i componenti indiani dell’equipaggio, questi gli altri marittimi italiani finiti nelle mani dei pirati e liberati il 21 dicembre scorso: il comandante Giuseppe Lubrano Lavadera, di Procida, il terzo ufficiale Crescenzo Guardascione, anche lui di Procida, Gianmaria Cesaro di Sorrento e Antonio Verrecchia di Gaeta. In tutte le città di provenienza, si attende il loro arrivo.

«Stanno procedendo lentamente - conferma Adriano Bon, il padre di Eugenio - perché i motori della nave funzionano male. Dovrebbero approdare negli Emirati Arabi attorno al 7-8 gennaio, ma potrebbe anche essere il 6 (domani, ndr) o il 9, dipende. Nuove iniziative per il giorno dell’arrivo a Trieste? Al ritorno Eugenio avrà sicuramente bisogno di tanto riposo, poi vedremo».

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