Bon pentito per gli spari a Marina Julia
MONFALCONE La difesa dell’ex professore universitario Leopoldo Bon, in carcere con l’accusa di tentato omicidio, ha depositato ieri istanza di riesame al tribunale di Trieste per ottenere la scarcerazione dell’assistito. In subordine, come «estrema possibilità», la misura degli arresti domiciliari. Giovedì gli avvocati Maurizio Rizzatto e Roberto Mantello hanno terminato la stesura degli atti, sottolineando nel plico di pagine la «non pericolosità» del loro cliente, che in questi giorni ha avuto modo di riflettere a lungo sull’accaduto.
Col sequestro di tutte le armi a disposizione del pensionato, che era regolarmente in possesso della licenza per uso sportivo (il tiro a volo), «l’ipotesi di una reiterazione del reato è - a detta dei legali - da escludersi nella maniera più assoluta». Di qui il ricorso contro l’ordinanza emessa dal gip Sabrina Cicero che il 21 settembre ha convalidato l’arresto. Entro dieci giorni verrà fissata l’udienza. Solo allora si saprà se Bon resterà nell’istituto penitenziario goriziano fino all’udienza preliminare o meno.
Il 66enne di origine triestina, dal 2012 residente a Marina Julia in via Punta Barene, era stato arrestato esattamente due settimane fa dai carabinieri di via Sant’Anna con l’accusa pesantissima di tentato omicidio. Infastidito dal chiasso provocato nel cortile condominiale da alcuni ragazzini, l’ex docente di Fisiologia all’Università di Modena e Reggio Emilia aveva aperto il fuoco. Quattro, secondo la ricostruzione dei carabinieri, i colpi esplosi dalla sua pistola, una Walther calibro 7,65. L’ultimo era finito a pochi centimetri dai piedi dell’unico 18enne della comitiva di minori, il rumeno Patrick Tudorel, rimasto colpito (ma non seriamente) al costato da una scheggia d’asfalto.
«Taluni aspetti della vicenda - spiega l’avvocato Rizzatto - sono stati finora letti in maniera univoca. Intanto, quel sabato pomeriggio, i ragazzini stavano violando una proprietà privata, perché non risiedendo nel palazzo non avevano titolo per trovarsi lì. Inoltre, come riferito anche da altri condomini, l’atteggiamento non era solo quello legato al gioco del pallone, ma c’erano anche schiamazzi e disturbo della quiete». «Premettendo - prosegue - che la reazione di Bon è stata senz’altro esagerata, vi sono tuttavia degli elementi che avvalorano quanto da lui sempre dichiarato e cioè d’aver tirato in aria: i quattro bossoli rinvenuti dai militari si trovavano infatti tutti dentro casa. Diversamente, sarebbero caduti nel cortile. Oltrettutto, per colpire la zona individuata dai carabinieri per l’ultimo sparo, l’assistito si sarebbe dovuto sporgere ben oltre il terrazzino, dato che c’è un altro balcone lì accanto».
«Negli atti - ancora Rizzatto - il gip ha implicitamente escluso gli altri due motivi, reiterazione del reato e pericolo di fuga, per il mantenimento della custodia cautelare focalizzando l’attenzione sulla presunta pericolosità di Bon; ma le armi non sono più in casa, il mio cliente nell’arco di oltre 60 anni di vita non è mai stato ritenuto un violento, giacché altrimenti non avrebbe avuto il porto d’armi, né si è mai macchiato di reati. Dunque non esiste un concreto e attuale pericolo nel suo rientro a casa. Né una reiterazione del reato è del resto plausibile, viste le circostanze uniche e irripetibili del fatto».
«L’elemento oggettivo - conclude l’avvocato - è dato dall’assenza di armi, tutte sequestrate. Quello soggettivo dallo stato di profondo pentimento di Bon, che pur ribadendo fino alla morte l’intenzione di non ledere alcuno, dopo due settimane di “riflessione” in carcere si è reso conto di aver sbagliato nell’impugnare la pistola. Era esasperato, come tutti gli altri condomini del palazzo. Mille volte aveva chiesto ai ragazzi di smettere di fare baccano. Ma non li odiava e oggi ha un atteggiamento contrito. È molto, molto dispiaciuto».
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