Bologna: «Io ho suggerito il nome di D’Agostino»

Il docente di origini triestine spiega la sua preferenza nell’ambito della terna: «Abbiamo lavorato assieme a Napoli e nei Balcani con ottimi risultati»

Sergio Bologna, triestino d’origine e già docente in varie università, è uno dei massimi esperti italiani di logistica.

Professor Bologna, il porto di Trieste attende un nuovo presidente. È opportuno che sia invece nominato un commissario in attesa della nuova legge?

In Italia ci sono già otto commissari, con Manfredonia nove. Hanno poteri di ordinaria amministrazione, significa che le loro delibere debbono passare per il Comitato portuale, anche là dove situazioni patologiche potrebbero far pensare che un commissario con poteri straordinari sarebbe meglio. Vedi Napoli, dove non più tardi di ieri il Comitato portuale ha respinto due provvedimenti del commissario. Non mi sembra che a Trieste ci siano situazioni di particolare gravità. Quindi un commissario con poteri non diversi da quelli di un presidente mi pare inutile. Né capisco che cosa c'entra la legge di riforma. Se si ritiene che quella sarà così diversa dall'attuale da sconsigliare di prendere decisioni importanti all'interno dei porti prima che venga emanata, ciò vale sia per un presidente che per un commissario.

Trieste dovrebbe essere considerata un porto-corridoio, il più importante d'Italia dopo Genova? Se sì, come tale dovrebbe avere a capo una personalità di ancora maggior rilievo rispetto i tre candidati (D'Agostino, Marcucci e Gurrieri?)

Tre mesi fa mi è stato chiesto in maniera informale da ambienti istituzionali locali un parere circa la futura terna per la presidenza del porto e io feci un nome: D'Agostino. Non vedo perché dovrei cambiare idea. Abbiamo lavorato assieme in un ambiente molto difficile come quello di Napoli e siamo riusciti a creare qualcosa di molto innovativo, puntando sui giovani, che ha permesso di realizzare una buona integrazione sistemica tra porto, retroporto e tessuto produttivo regionale. Questo lavoro è valso a D'Agostino il riconoscimento di “Logistico dell'anno” nel 2010. Poi è cambiato il vento in Campania, sono cambiati gli uomini e tutto è andato distrutto. Con Zeno abbiamo ancora lavorato assieme nell'interesse del nostro Paese in un ambiente non facile come quello dei Balcani, partendo da zero e ottenendo notevoli successi. Quanto al porto-corridoio, sono solo fantasie lessicali. Trieste è un porto in crescita e lo deve soprattutto ai suoi servizi ferroviari, che le permettono di “pescare” in aree e mercati riservati fino a ieri ai grandi porti del Nord. Il fondamentale problema oggi è di non interrompere o indebolire questa crescita. Punto.

La piattaforma off shore di Venezia attirerebbe realmente traffico in tutti i porti del Nord Adriatico oppure li ammazzerebbe? E va considerata un'opera faraonica e assurda oppure fattibile se c'è un investitore privato?

Perché invece di partire da una possibile opera non partiamo dalla realtà di oggi? Dobbiamo ragionare su quel che si vede oggi, non su quel che si può immaginare per un domani. Nei traffici marittimi containerizzati è in atto una svolta epocale: navi giganti, poderose coalizioni tra compagnie marittime, noli in caduta libera, un buon 50% di armamenti mondiali che stentano a stare a galla. Dunque concentrazioni, imprese che escono dal mercato, maggiore selezione dei porti, il mestiere del terminalista che si fa più duro. In queste condizioni porti con accesso nautico come Trieste sono avvantaggiati, anche se dovesse nascere l'off shore di Paolo Costa. Venezia ha una buona infrastruttura ferroviaria ma le grandi linee alle sue spalle sono intasate, alle spalle di Trieste sono relativamente libere. Quello di cui Trieste avrebbe bisogno non è di bloccare l'off shore veneziano - al quale io non ho mai creduto e sono stato tra i primi a dirlo - ma di avere sui suoi terminal dei soggetti capaci di fare la voce grossa con le compagnie marittime, cioè delle imprese multinazionali appartenenti al club dei Gto (Global terminal operator).

Sono le questioni ferroviarie (doppia manovra e mancata privatizzazione di Adriafer) i principali ostacoli al decollo del porto di Trieste o sono altri? E se sono altri, quali?

Non è vero che il porto di Trieste deve ancora decollare. Trieste ha dimostrato di poter stare sul mercato, di poter competere, anche senza particolari privilegi o statuti speciali ed è riuscita a farlo compatibilmente con una situazione di terribile crisi. Trieste ha una rendita petrolifera che altri porti non hanno. Con Trieste lavorano grandi compagnie ferroviarie estere come in nessun altro scalo italiano. Trieste è il primo porto italiano in un settore di nicchia ma molto redditizio e ad alta specializzazione come il settore heavy lift, e nessuno lo dice. Se penso a un porto che deve ancora decollare penso semmai a Fiume (e quando decollerà saranno dolori per Capodistria, che rischia di perdere tutto il traffico per l'Ungheria, cioè un bel 25/30%). La manovra ferroviaria? Non facciamone una tragedia, con un po' di buona volontà, il problema si risolve. Piuttosto, che fine ha fatto il Piano regolatore? In un porto ci sono due interessi: industrial-commerciale e urbanistico-imobiliare. Solo un Piano regolatore può conciliarli e può dare certezze agli investitori.

Silvio Maranzana

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