Bollette dell’acqua: a Trieste previsto l'aumento del 20% in quattro anni

Annunciata una stangata per tutti gli utenti. Gli incassi tariffari totali saliranno da 45 a 54 milioni. Incidono le fogne e il depuratore di Servola
Foto BRUNI 08.03.17 ACEGAS-il nuovo depuratore di Servola
Foto BRUNI 08.03.17 ACEGAS-il nuovo depuratore di Servola

Le bollette dell’acqua sul territorio della vecchia provincia triestina cresceranno del 6,5% all’anno lungo il quadriennio 2016-19: cioè, alla fine del periodo indicato, saranno salite di oltre un quinto rispetto all’incasso precedente.

Il calcolo è più o meno il seguente: le tariffe relative alle risorse idriche gestite da AcegasApsAmga aumenteranno suppergiù da 44 a 53 milioni di euro; le tariffe relative all’Acquedotto del Carso cresceranno invece dell’8% da 970mila a 1,2 milioni di euro.

Quindi, sommando i due addendi, otteniamo una tariffa complessiva superiore a 54 milioni di euro: in cifra assoluta una decina di milioni in più rispetto a quanto i due gestori - considerati insieme - incassavano fino al 2015.

In verità i rincari erano già scattati nel 2016 con un incremento pari al 6%, ma l’intervento dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico (Aee gsi) ha determinato un ricalcolo tariffario, che ha portato a un ulteriore incremento pari allo 0,5%.

Fatto sta che per ogni utenza idrica triestina l’aggravio in bolletta viene graduato al 6,5% annuo, che implicherà, al termine del periodo 2016-2019, una maggiorazione complessiva superiore al 20%.

Numeri e valutazioni provengono dai decreti emanati pochi giorni fa da Fabio Cella, dal 1° gennaio commissario della Consulta d’ambito per il servizio idrico integrato orientale (Cato) triestino in liquidazione: in liquidazione in quanto - come ricorda lo stesso Cella - confluirà, insieme alle analoghe strutture giulio-friulane, nell’Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti (Ausir), un organismo previsto dalla legge regionale 5/2016.

«A fine marzo - precisa Cella, in passato responsabile dell’Ambiente in Provincia e oggi dirigente della Regione Friuli Venezia Giulia - ho convocato una riunione con gli amministratori comunali del territorio, per aggiornarli sul nuovo quadro tariffario. Non ne erano entusiasti, perché toccare le tasche dei cittadini in questi momenti non è mai simpatico, ma gli ordini dell’Autorità vanno eseguiti, altrimenti il nostro piano tariffario non sarebbe passato».

Ma è interessante capire le ragioni che hanno determinato un rialzo tariffario così significativo. Cella enumera tre motivi rilevanti.

Il primo è collegato all’applicazione del cosiddetto full cost recovery, una formula matematica impostata su costi/ricavi studiata per consentire al gestore idrico di non andare in perdita, poichè l’importanza sociale ed economica della risorsa richiede prioritariamente tenuta e continuità gestionale. Poi Cella passa al secondo motivo: l’entrata in funzione del depuratore di Servola, prevista ai primi di giugno, che assorbirà circa 3 milioni di euro.

E Cella si tiene per ultimo il colpo di scena, che rimanda alla sentenza 335 del 2008, con la quale la Corte costituzionale ritenne che i Comuni non potevano chiedere la tariffa per la depurazione delle acque se erano sprovvisti dei relativi impianti. Nel 2013 si calcolò - spiega il commissario del Cato - che nel territorio triestino la restituzione dei canoni di fognatura agli utenti ammontava a 20 milioni di euro. Questi 20 milioni vengono adesso recuperati attraverso la manovra tariffaria finora sommariamente descritta: ma al termine del quadriennio 2016-2019 la “copertura” sarà stata solo parziale, circa 10 milioni che dimezzerà il “buco” di origine fognaria maturato negli anni precedenti. Quindi, il costituendo Ausir si troverà presumibilmente a dover decidere un nuovo rincaro per pareggiare i conti.

Per inquadrare il tema-acqua nel territorio triestino ricordiamo alcuni numeri di riferimento: sono 236mila i cittadini serviti da 1073 chilometri di rete di acquedotti, dove vengono immessi circa 45 milioni di metri cubi del prezioso liquido. L’80% della risorsa idrica proviene da tredici pozzi disseminati nel basso corso dell’Isonzo, il restante 20% deriva dal Sardos.

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