Bloccato il conto corrente di Uljanik. Aperta un’inchiesta, la polizia nella sede
ZAGABRIA Continua la crisi del gruppo della cantieristica navale Uljanik, con i due stabilimenti di Pola (Scoglio Olivi) e Fiume (3 Maggio). Dopo il lungo sciopero e dopo il ritiro delle commesse per quattro navi da parte dell’armatore, sul gruppo polesano sono piovute altre due tegole. Il conto corrente del Gruppo è stato nuovamente bloccato dalla banca, proprio per i mancati introiti dovuti alle commesse annullate (e lo Stato dovrà pagare i costi per due delle quattro unità non consegnate). E la polizia si è presentata l’altro ieri nella sede centrale di Pola, in seguito all’avvio di un’inchiesta sulle attività del gruppo. Scarse le informazioni che trapelano su quest’ultimo punto: il ministero dell’Interno si è limitato a far sapere che «la polizia sta svolgendo delle indagini preliminari su richiesta della Procura, ma stando al Codice di procedura penale non siamo autorizzati a dare maggiori informazioni».
Per i circa 4.500 dipendenti si tratta insomma di una nuova pagina nera nella lunga crisi del Gruppo. «Lo sciopero è finito, ma siamo quasi fermi perché non abbiamo da lavorare», hanno riferito al quotidiano Novi List i lavoratori del 3 Maggio. Se i salari di luglio sono stati pagati grazie all’intervento del governo, ora infatti mancano i soldi per comprare i materiali. Il comitato di crisi costituito dai dipendenti del cantiere fiumano ha incontrato ieri l’amministrazione del cantiere: tra le richieste dei dipendenti, ribadita quella di separare il cantiere fiumano dal gruppo polesano e di imporre a quest’ultimo la restituzione del prestito da 523 milioni di kune (circa 71 milioni di euro) concesso a suo tempo a Scoglio Olivi. Ma i dipendenti chiedono al governo anche di costituire un’amministrazione di emergenza che prenda le redini del cantiere.
Nella difficile situazione dei lavoratori, continua intanto aspro lo scontro politico. A Zagabria si è rivolto il vicesindaco di Pola, Robert Cvek, con toni decisamente duri. Ieri in una conferenza stampa Cvek ha accusato il governo non solo di «non avere una strategia», ma anche di «ostacolare e persino lavorare attivamente per distruggere Scoglio Olivi e la cantieristica in Croazia». Secondo il vicesindaco, dall’inizio dell’anno 400 lavoratori hanno lasciato il Gruppo proprio a causa dei ritardi nei pagamenti e «la colpa è del governo, perché non ha preso in tempo le misure necessarie ad assicurare il pagamento degli stipendi». La giunta di Pola - sindaco compreso - critica l’esecutivo per essere intervenuto (con circa 50 milioni di kune, 6,7 milioni di euro) solo dopo dieci giorni di sciopero.
Ma da Zagabria il governo avverte che potrà farsi da garante per il saldo di un massimo di due mensilità (luglio ed agosto). E non solo. Secondo il quotidiano Novi List, il ministro dell’Economia Darko Horvat vuole chiedere proprio alle comunità locali di Pola e Fiume e alle rispettive contee (Regione istriana e litoraneo-montana) di farsi carico di una parte del fardello. Il piano di Horvat prevederebbe che Comuni e Regioni ipotechino alcuni immobili e non lascino la responsabilità del pagamento degli stipendi al solo governo centrale. Interpellato, il sindaco di Fiume Vojko Obersnel dichiara al Piccolo di essere pronto a intervenire «ma solo se non ci sarà altra soluzione». «La città di Fiume sta già contribuendo con 20 milioni di kune (2,7 milioni di euro, ndr.), ovvero con l’ammontare delle tasse comunali che 3 Maggio e Scoglio Olivi devono alla città, ma che noi non stiamo chiedendo proprio perché sappiamo che non sarebbero in grado di pagare», ricorda il sindaco. Intanto, il Gruppo ha perso 364,8 milioni di kune (49 milioni di euro) nei primi sei mesi del 2018, il triplo di quanto perso l’anno scorso nello stesso periodo. —
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