Blitz in Austria, arrestati tredici jihadisti
Quasi mille agenti in azione. Decine di perquisizioni in case e appartamenti, moschee e altri luoghi di culto minori. E le manette che scattano ai polsi di tredici islamisti sospettati di essere la spina dorsale di una rete terroristica, attiva in Austria nel reclutamento di giovani musulmani, carne da macello da spedire in Siria.
Sono questi i contorni della vasta operazione di polizia andata in scena ieri all’alba a Vienna, Graz e Linz. Operazione, ha specificato la procura di Graz - “anima” del blitz assieme all’Ufficio federale per la difesa della Costituzione e la lotta al terrorismo - che è stata lanciata dopo quasi due anni di indagini condotte nell’area grigia del radicalismo islamico in Austria. Austria da dove sarebbero finora partiti verso Iraq e Siria 150 militanti islamici, la metà originari della Cecenia, molti quelli provenienti da famiglie emigrate dai Balcani, Bosnia in testa.
Un flusso da fermare quanto prima, anche con operazioni come quella di ieri, nome in codice “Palmyra”, progettata per rendere inoffensiva una cellula terroristica che sarebbe stata il fulcro delle attività di proselitismo fra giovani rifugiati e ragazzi con passaporto di Vienna, nati però in famiglie di immigrati. Ragazzi attratti dall’Islam radicale, da inviare in prima linea a rimpolpare le fila dei guerriglieri che combattono nella «guerra civile siriana», si è limitata a suggerire la magistratura austriaca. Magistratura che ha mantenuto il più stretto riserbo su altri dettagli «per ragioni strategiche», dato che non tutti i ricercati sono finiti in cella. Un riserbo che è stato però incrinato dai racconti dei media austriaci, che ieri in mattinata hanno iniziato a pubblicare foto dell’azione anti-jihadisti e indicato, come poi confermato anche dalla Tv pubblica di Vienna, che fra gli arrestati c’erano anche due bosniaci.
E che l’obiettivo numero uno degli agenti era un serbo del Sangiaccato, un «predicatore» e «reclutatore, attivo anche in Svizzera e in Germania», tal Mirsad O, leader del gruppo jihadista. Lettera “O” dietro la quale si cela il cognome Omerovic, ben conosciuto nei Balcani, in particolare in Bosnia. La mente del gruppo terroristico colpito ieri in Austria si chiama infatti Mirsad Omerovic, 33 anni, nome di battaglia “Ebu Tejma”, originario della cittadina serba di Tutin, fra i massimi esponenti del movimento salafita “La vera religione”. Ma l’arrestato è stato in passato molto attivo in particolare nel villaggio bosniaco di Gornja Maoca, enclave controllata da wahabiti e regolata dalla sharia, a un tiro di schioppo da Brcko. Omerovic che è stato anche collegato alla triste storia delle due minorenni austriache di origine bosniaca, Samra Kesinovic e Sabina Selimovic. Sarebbe stato proprio lui, il giovane predicatore balcanico, a convincerle ad abbandonare le famiglie ad aprile per andare a combattere o a sposare guerriglieri dello Stato Islamico in Siria.
Omerovic ha operato infatti negli ultimi mesi soprattutto nella capitale austriaca, in particolare nelle moschee Altun-Alem e Masjid al-Iman, entrambe considerate come centri di reclutamento ed è stato indicato persino come il referente a Vienna del califfo al-Baghdadi.
La mente del gruppo, ha rivelato il Kronen Zeitung, sarebbe stato sul punto di partire verso la Siria, seguendo ormai la collaudata rotta Austria-Bosnia-Siria. L’“Operazione Palmyra” ne ha evitato la fuga, minando al contempo le fondamenta della “Bosnien-Connection”, come l’ha definita il quotidiano Die Presse, ossia di una «rete del terrorismo islamico» con ramificazioni in Austria e nei Balcani. Operazione che è «un duro colpo agli jihadisti» ed è la più estesa finora «organizzata in Austria», ha detto il ministro degli Interni Johanna Mikl-Leitner.
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