Blitz contro la pausa caffè in Municipio
TRIESTE La caffeina nuoce gravemente alla carriera, da quando il sindaco Roberto Dipiazza ha scelto di affidare a Santi Terranova il ruolo di segretario generale del Comune. Il ritorno del siciliano di ferro alla corte di Dipiazza ha provocato un terremoto nelle abitudini dei dipendenti comunali. In seguito a un blitz che si è consumato alcuni giorni fa al primo piano di palazzo Cheba, all'interno del bar comunale, le pause per il caffè sono infatti drasticamente diminuite. Terranova, nel corso dell’inaspettata “visita”, si è lamentato dell'eccessiva presenza di lavoratori che, al posto della scrivania, si sarebbero affezionati un po' troppo al bancone del bar.
Una guerra ai “furbetti del caffettino”, quella lanciata dal segretario generale, che avrebbe già prodotto dei risultati. L'offensiva si è trasferita dal bar al comitato di direzione, dove Terranova ha messo in guardia i dirigenti di Area e di Servizio. La voce si è quindi sparsa lungo i corridoi e ben presto i bar comunali si sono svuotati. La conferma di un drastico calo di presenze arriva direttamente da Mario Semoli, gestore della caffetteria che è ospitata al primo piano del municipio e di quella che si trova in Passo Costanzi, all'interno del palazzo Anagrafe. «Aspetto la fine del periodo delle ferie prima di fasciarmi la testa - spiega Semoli - . Ho però notato l'assenza di moltissime persone che fino a poco tempo fa venivano invece a prendere il caffè regolarmente».
L'incursione di Terranova per ora non ha scatenato il fronte sindacale, che preferisce mantenere una posizione prudente. Più loquaci si sono dimostrati alcuni dipendenti comunali che, garantito loro l'anonimato, si sono lasciati andare a commenti non proprio teneri nei confronti del "capo".
«Quello di Terranova è un atto intimidatorio - spiega una signora - . Evidentemente non ha altro da fare. L'ente è efficiente e non vedo la necessità di esacerbare il clima fra i lavoratori, soprattutto se si tiene conto che il nostro contratto non viene rinnovato da sette anni e che ai continui pensionamenti non fanno seguito altrettante assunzioni. In questi locali, inoltre, è risaputo che girano anche politici, giornalisti e persone esterne, per cui c'è il rischio che la sua uscita sia del tutto inappropriata».
In molti ci tengono a sottolineare lo scarso feeling che c'è fra Terranova e i dipendenti comunali. «Noi siamo stipendiati dalla comunità - interviene un'altra signora - , ma lo è anche lui. Dovrebbe darci conto del suo operato, visto che ha i suoi bei problemi da affrontare». «Xe pegiorado in questi cinque ani - le fa eco un signore dopo aver ordinato un "macchiato" - . Xe diventado un can de fero. Neanche i bambini del centro estivo se trata cusì».
Quello della pausa caffè è un argomento spinoso, dal momento che non vi è un regolamento interno al Comune che disponga i modi e i tempi delle interruzioni di lavoro. Il decreto legislativo 66 del 2003 stabilisce che «al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti». «Dopo tante ore passate davanti al computer - precisa un dipendente - non ci può venir negata una tazzina di caffè. Ci teniamo tutti al nostro posto di lavoro e se qualcuno vuole fare il furbo è giusto che venga punito, ma non si può fare di tutta l'erba un fascio».
Anche Rossana Giacaz, di Cgil Fp, auspica che Terranova «rinunci a sparare nel mucchio e a vestire i panni dello sceriffo. Se qualcuno sgarra è giusto che paghi, ma non bisogna prendersela con la maggioranza dei lavoratori onesti, dimenticando che stiamo patendo una forte carenza di personale». Christian Schiraldi, della Uil Fpl, si dice preoccupato per quei lavoratori che hanno trovato impiego all'interno del caffè comunale: «Il bar è deserto - le sue parole - e sento puzza di licenziamento». Walter Giani, della Cisl, richiama tutti al concetto di etica: «Da una parte è opportuno tollerare una pausa, dall'altra è corretto recuperare il tempo che si è perso». Ergo: dimenticatevi il “nero lungo”.
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