Bimbo muore durante il parto, aperta l’inchiesta
Porta a termine regolarmente la gravidanza, costantemente monitorata e senza alcuna avvisaglia di rischio, ma una volta superato di una decina di giorni il termine di scadenza previsto per il parto, viene colta da emorragia e sottoposta a un intervento cesareo di emergenza. Il neonato, purtroppo, non sopravvive. È accaduto all’ospedale di San Polo, a una coppia, lei triestina , lui monfalconese, costretta a misurarsi con la straziante esperienza di non poter abbracciare il proprio piccolo, strappato alla vita senza neppure emettere il primo vagito. Il nascituro è deceduto mercoledì sera alle 23, dopo un intervento di rianimazione risultato vano. Proprio la mattina di mercoledì la giovane partoriente s’era sottoposta a un nuovo monitoraggio, con l’invito da parte degli operatori sanitari a fare rientro a casa.
La Procura della Repubblica di Gorizia ha aperto un’inchiesta per far luce sull’evento. La polizia giudiziaria ha già provveduto ad acquisire la cartella clinica della donna presso. Il magistrato titolare dell’indagine, il pubblico ministero Valentina Bossi, ha disposto per domani l’autopsia sul corpicino del neonato.
L’indagine è scaturita a seguito dell’esposto presentato dai familiari, una volta appreso peraltro che del fatto non era stata inoltrata comunicazione alla Procura da parte dello stesso ospedale, che pure ha proceduto ad eseguire un’indagine interna.
Tutto è scaturito verso le 22 di mercoledì. Ma nel giro di un’ora, nove mesi di gioiosa attesa si sono trasformati in un dolore senza paragoni. La giovane donna aveva scelto di partorire al San Polo, affidandosi quindi ai regolari controlli e monitoraggi durante l’intera gestazione. Una gravidanza, tuttavia, rivelatasi a rischio di aborto fin dai primi mesi, tanto da rendere necessaria l’astensione dal lavoro per la madre in attesa. Il termine di scadenza della gravidanza era stato previsto tra il 28 e il 29 settembre scorsi. Trascorso questo termine, la donna ha continuato a sottoporsi costantemente ai dovuti controlli in ospedale, seguendo le indicazioni dei sanitari. Lo ha fatto anche mercoledì mattina, quando è stata sottoposta oltrechè all’ecografia e al monitoraggio, anche a una visita manuale.
Tutto, insomma, sembrava procedere secondo i “protocolli” medici. I controlli, mercoledì mattina, avevano anche rilevato le prime contrazioni. I sanitari avevano così invitato la giovane a tornare a casa, concordando per il giorno successivo, giovedì, il suo ricovero in ospedale, al fine di procedere con l’induzione al parto. Ma mercoledì sera, verso le 22, si sono manifestate le doglie. La donna ha perso le acque. Un evento che sarebbe stato del tutto naturale, se non fosse sopraggiunta contestualmente una forte emorragia. Il padre del piccolo, a quel punto, ha subito telefonato al reparto del San Polo, spiegando ai sanitari quanto stava accadendo alla consorte. Da qui il ricovero all’ospedale, dove la donna è stata sottoposta all’intervento chirurgico. La coppia si è affidata ad un legale, l’avvocato Elena De Luca, del Foro di Gorizia, che procederà alla nomina di un consulente di parte per assistere domani all’autopsia.
«Ho valutato la documentazione clinica e posso sostenere che non vi sono responsabilità a carico del personale sanitario. Siamo sereni, si è trattato di un caso raro e imprevedibile». Il primario del Punto Nascita del San Polo, Attilio D’Atri, fornisce la sua spiegazione su quanto è accaduto alla giovane partoriente, sottoposta mercoledì sera a un intervento cesareo d’emergenza: «In questo caso, purtroppo drammatico e doloroso, ci siamo trovati di fronte a un’inserzione velamentosa del cordone ombelicale. In pratica, il funicolo ombelicale non si congiunge al centro della placenta, come dovrebbe, ma al margine periferico. Quando s’è rotto il sacco amniotico, s’è rotto anche il cordone ombelicale dove passano i vasi sanguigni che nella vita intrauterina appartengono alla circolazione fetale».
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