Bimbo morto, il Burlo paga 900mila euro
Novecentomila euro. È questa la cifra che il Burlo dovrà pagare per la morte di Riccardo Senica, il bambino di 14 mesi rimasto vittima di una broncoscopia dagli sviluppi nefasti. La sentenza di condanna dell’ospedale materno infantile, pronunciata dal giudice Arturo Picciotto e immediatamente esecutiva, è stata depositata nei giorni scorsi. Il giudice ha anche condannato il Burlo al pagamento delle spese di lite. La cifra di 900mila euro è importante. Ma non potrà mai ripagare il dolore dei genitori e dei nonni di Riccardo.
Un anno fa il procedimento penale parallelo per il quale erano indagati l’endoscopista Patrizia Tamburini, 66 anni e l’anestesista Patrizia Vallon, 59 anni, è stato cancellato da una sentenza di non luogo a procedere per sopravvenuta prescrizione. Questo perché il pm Maddalena Chergia, il magistrato titolare del fascicolo, aveva depositato la richiesta di rinvio a giudizio un mese e mezzo dopo la linea temporale della prescrizione. «Non vogliamo che simili situazioni si verifichino di nuovo. Per questo motivo abbiamo presentato un esposto alla Procura di Bologna, al presidente della Repubblica e al Csm», ha annunciato ieri Giuseppe Gosdan, 77 anni, il nonno del piccolo Riccardo: «Chiediamo che i medici rinuncino alla prescrizione e si facciano giudicare».
Ma torniamo alla sentenza civile. Il giudice Arturo Picciotto ha accolto sostanzialmente le richieste degli avvocati Sergio Vida, Gabriele Agrizzi e Ferdinando Ambrosiano che assistono la famiglia del piccolo riconoscendo «l’inadempimento dell’istituto di ricovero e cura all’obbligo di prestazione medica». Il Burlo è stato assistito dagli avvocati Marco Vascotto e Stefano Petronio.
Tutto era accaduto a partire dal 17 febbraio 2007, un sabato pomeriggio. Quel giorno il piccolo Riccardo e il suo fratello gemello avevano mangiato la carne a pranzo. Carne che, secondo quanto avevano riferito i familiari ai sanitari, era stata tritata e sminuzzata come si fa di solito con i bambini di quell’età. Riccardo, descritto come un bimbo vivace e particolarmente sveglio, aveva mangiato un boccone e un piccolo pezzo di carne gli era andato di traverso. Il bambino aveva tossito più volte ma il pezzettino di carne, anziché essere espulso dalla bocca era sceso lungo le vie respiratorie superando faringe e trachea e arrivando fino a incastrarsi nei bronchi. Era seguito l’intervento chirurgico, effettuato una ventina di ore dopo l’ingresso all’ospedale infantile di via dell'Istria. Poi, durante l’intervento, il piccolo Riccardo era morto per arresto cardiocircolatorio, così era scritto nel referto. Nell’autopsia effettuata dopo la morte il pezzettino di carne non era però stato trovato.
Le motivazioni del giudice hanno tenuto conto delle perizie effettuate nell’istruttoria penale «nel dare spessore e contenuto alla probabilità sulla base delle conoscenze scientifiche». Perizie che hanno rilevato come fosse stato fatto uso di «uno strumento inadeguato»; l’intervento «caratterizzato da eccessiva durata» è stata la causa della morte del bambino. «Dagli atti - scrive Picciotto - emerge che si trattava di un intervento di natura ordinaria, disimpegnato a seguito di un’adeguata preparazione, urgente, ma non salvavita». Un intervento che «rientrava tra quelli conosciuti dalla scienza medica e che quindi la struttura (ndr, il Burlo) avrebbe dovuto organizzarsi per la gestione della complicanza e offrire tutti i presidi necessari per arginare le conseguenze insorte in seguito».
Secca la dichiarazione - affidata a una e-mail - del direttore generale del Burlo Mauro Melato: «Ci si riserva di acquisire la sentenza per le valutazioni conseguenti».
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