Bimbi malati, assedio al Burlo per il trapianto di staminali

Subissati dalle richieste dei genitori dopo il caso del piccolo Daniele. Decisi a rivolgersi al Tribunale. Ancora nell’Istituto le cellule congelate in litri di azoto liquido prima dell’inchiesta. ”Scorte” non sequestrate dai Nas ma per ora inutilizzabili
TRIESTE
. Si è sparsa voce in tutta Italia di ciò che non è vero, e cioé che al Burlo Garofolo s’impiantano cellule staminali, spesso l’ultima spiaggia per malattie gravi. E dunque adesso c’è la fila per chiederne l’impianto, una situazione che crea solo grave imbarazzo. Il «tam tam» di chi cerca speranza ha infatti registrato l’attività di Marino Andolina, il medico dei trapianti che nelle staminali crede molto, al punto da averne installate su malati anche in via dell’Istria, fuori orario e fuori protocollo, in collegamento con la «Stamina foundation» di Torino con cui l’ospedale pediatrico aveva una convenzione solo per motivi di ricerca. Che però è finita sotto inchiesta, e Andolina di conseguenza pure.


Il medico ha avuto un richiamo e ha perso la direzione del reparto. Ma intanto tra le 40 e le 50 persone hanno già tempestato l’ospedale infantile di vane richieste. Specie dopo che il singolo caso di un bambino già operato di midollo al Burlo, ha ottenuto, per l’energico desiderio della famiglia disperata, un via libera speciale dal ministero, per cura compassionevole. La notizia è finita su tutti i giornali con grande risalto anche se a Trieste si è voluto specificare: «I familiari hanno interpellato tutti i politici, ci sono state pressioni mai viste».


Il piccolo Daniele, affetto dalla nascita da una forma grave della malattia metabolica di Niemann-Pick, è in attesa di ricevere le staminali del padre, come la famiglia ha preteso, e non cellule anonime, prodotte allo scopo da pochi centri abilitati in Italia, tra cui il San Gerardo di Monza, con cui il Burlo Garofolo è in convenzione e che sarà protagonista anche della risoluzione di questo delicato caso.


Ma non è solo questo a turbare il Burlo, che deve rispondere «no» a tanta gente. La più complessa questione sono proprio le cellule staminali entrate in ospedale in epoca pre-inchiesta, rimaste in via dell’Istria, congelate in litri di azoto liquido, visionate a suo tempo dai Nas che, una volta partita l’indagine su «Stamina», avevano fatto un’ispezione.

Nessuno parla volentieri di questa faccenda. Ma di queste «scorte» che la legge dice improprie nessuno sa che cosa fare: non si possono impiantare (il Burlo non è abilitato dal ministero al loro trattamento, che richiede laboratori accreditati), non si possono nemmeno buttare (si tratta di materiale biologico), e i Nas non le hanno sequestrate.


A livello giudiziario si deve ancora decidere se sono state preparate in modo corretto o no. Il caso è all’attenzione del ministero della Salute, che ha interpellato l’Istituto superiore di sanità e altri alti organi di controllo e verifica.


Intanto pare che molte famiglie, sentendosi rispondere «non possiamo impiantare quelle staminali» abbiano intenzione di rivolgersi ai tribunali per esigere la cura considerata salvavita. Anche dentro il Burlo si sono formate opinioni diverse: si dice che la legge non è chiara, che esiste un’interpretazione restrittiva ma che quella più estesa è altrettanto legittima. Qualcuno teme che il Burlo stesso possa essere ritenuto responsabile di mancata somministrazione di cure in caso di peggioramento delle condizioni di chi aveva chiesto l’intervento.


Ma i protocolli nazionali sembrano invece porre un limite e un controllo a un trattamento considerato ancora avanguardistico, da effettuare in casi e in modi ben disciplinati, e l’ospedale si attiene ovviamente a quelli.


Invece attorno al bimbo che sta per ricevere le staminali adulte del padre (quelle che dovrebbero essere in grado di riprodurre organi e sistema nervoso, e non solo componenti del sangue) si è creata una grande aspettativa. Ma il direttore della Clinica pediatrica Alessandro Ventura ha già pubblicamente detto che si tratta appunto solo di un gesto compassionevole, perché Daniele soffre di una forma particolarmente grave di Niemann-Pick. I familiari, proprio per questo, sperano nell’unica via di salvezza possibile e affermano di essere riusciti «a vincere la burocrazia».



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