Biennale, a Venezia un bazar cosmico dove piovono monete d’oro e girano creature della notte

Verrà inaugurata sabato l’edizione 2013 della mostra firmata da Massimiliano Gioni e intitolata “Il Palazzo Enciclopedico”: 88 padiglioni, espongono centinaia di artisti
La performance dell'artista cinese, Li Wi, alla Biennale di Venezia, 28 maggio 2013. ANSA/UFFICIO STAMPA ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++
La performance dell'artista cinese, Li Wi, alla Biennale di Venezia, 28 maggio 2013. ANSA/UFFICIO STAMPA ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

VENEZIA Quando Marino Auriti, meccanico italiano emigrato negli Stati Uniti, negli anni ’50 decise di dare finalmente forma ai suoi sogni progettando il Palazzo Enciclopedico, un edificio di 136 piani che avrebbe dovuto superare i 2.000 metri di altezza e occupare più di 16 isolati della città di Washington, tutti pensarono che la sua fosse un’idea folle. Ancor di più lo pensarono quando depositò il suo straordinario progetto all’ufficio brevetti degli Stati Uniti. Ma lui aveva un sogno e questo gli bastava. Rinchiuso in un garage sperduto nella campagna dello stato della Pennsylvania lavorò per 3 anni giorno e notte per dare forma a un edificio che contenesse tutta la conoscenza umana, che raccogliesse assolutamente «tutto – come scrisse - dalla ruota al satellite».

Immaginò il suo palazzo così, come una sorta di Torre di Babele alta 2.322 metri di ben 136 piani, che sarebbe stata allora l’edificio più alto del mondo. Del suo Palazzo riuscì a realizzare soltanto un modellino in scala 1:200, alto 11 metri e largo 7, fabbricato con legno, plastica, vetro e metallo, oggi parte della collezione dell’American Folk Art Museum di New York. Da questa idea straordinaria, utopica quanto basta, folle abbastanza da renderla unica, è nato quest’anno il progetto espositivo della 55.Biennale d’arte di Venezia curata dal giovane critico d’arte Massimiliano Gioni.

Il Palazzo Enciclopedico diventa una sorta di totem, un oggetto simbolico che esemplifica la singolare audacia di molti creatori autodidatti del ‘900 che, non essendo arroccati in restrizioni accademiche, seguirono liberamente, anche se talvolta in maniera naif, le loro visioni individuali come una sorta di fughe dell’immaginazione.

«La mostra – spiega Gioni - non è un’enciclopedia dell’arte contemporanea, ma racconta queste fughe, questi deliri di omniscienza. L’altro aspetto fondamentale è la constatazione della parzialità di ogni desiderio di conoscenza totalizzante. Questa Biennale celebra proprio il punto di vista individuale (non i sistemi totali o totalizzanti), il tentativo disperato dell’individuo di cercare il proprio posto nell’universo».

La Mostra, che sarà visibile al pubblico dal 1 giugno al 24 novembre, è affiancata da 88 partecipazioni nazionali ed è arricchita quest’anno da ben 47 eventi collaterali sparsi in tutta la città.

Pezzo forte di questa edizione senza dubbio il Padiglione Centrale ai Giardini che apre la mostra con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung, un mano. scritto illustrato al quale il celebre psicologo lavorò per più di sedici anni. Questa raccolta di visioni e fantasie di Jung introduce una riflessione sulle immagini interiori e sui sogni che attraversa l’intera Mostra. Così si passa dai quadri astratti di Hilma af Klimt alle interpretazioni simboliche dell’universo di Augustine Lesage, dalle divinazioni di Alistar Crowley alle premonizioni apocalittiche di Fredrich Schröder-Sonnenstern.

Proprio la rappresentazione dell’invisibile è uno dei temi centrali dell’Esposizione e ritorna nelle cosmografie di Guo Fengyi, in quelle di Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre di Jean-Frédéric Schnyder, così come nel video di Artur Zmijewski che filma un gruppo di non vedenti che dipingono il mondo a occhi chiusi.

Le figure ieratiche di Marisa Merz e quelle più carnali di Maria Lessing (entrambe vincitrici quest’anno del Leone d’Oro alla carriera) cifrano invece corrispondenze segrete tra microcosmi e macrocosmi. L’esercizio dell’immaginazione attraverso la scrittura e il disegno diventa così uno dei temi ricorrenti della Mostra.

Un filo rosso sembra legare l’una all’altra tutte le opere presentate in questa Biennale 2013 padiglione dopo padiglione costruendo un fitto tessuto di rimandi, di ascendenze, di ipotesi sul futuro.

Altra atmosfera invece nei vasti spazi dell’Arsenale dove il curatore Massimiliano Gioni ha voluto organizzare l’esposizione seguendo lo schema tipico delle wunderkammer rinascimentali, in cui curiosità e meraviglia si mescolavano per comporre nuove immagini del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche.

«Questa del 2013 – spiega il presidente della Biennale Paolo Baratta - è una grande mostra-ricerca. Con Il Palazzo Enciclopedico Massimiliano Gioni più che portare a Venezia un elenco di artisti contemporanei ha voluto riflettere sulle loro spinte creative. Oggi, ci sembra dire Gioni, la realtà ordinaria ci offre su una tavola imbandita una pletora di immagini e visioni per l’uso quotidiano, tutte ci colpiscono senza possibilità di sfuggirle, l’artista allora le deve attraversare restando indenne, come Mosè il Mar Rosso».

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