Berlusconi: Alfano premier, io ministro dell’Economia
di Roberta Giani
TRIESTE
Garantisce che la “reconquista” di Palazzo Chigi è ormai sicura. E già che c’è, eliminando tutti i “se” e i “ma”, annuncia che “da grande” farà il ministro all’Economia. Silvio Berlusconi, nel giorno in cui spara la cannonata della restituzione dell’Imu, cancella gli ultimi dubbi e le ultime incertezze. Pierluigi Bersani, «sempre più spaventato», non ha chance: il centrodestra sta rimontando, Angelino Alfano è il premier in pectore e lui, il lider maximo del Pdl, il pezzo più pregiato del nuovo governo.
Presidente Berlusconi, gli avversari dicono che la sua rimonta è solo mediatica.
È una rimonta che tutti gli istituti di sondaggi, concordemente, segnalano da settimane al ritmo di 2-3 punti a settimana. Ormai il distacco fra noi e la sinistra è ridotto a 2,6 punti. Mancano ancora tre settimane alle elezioni e la sinistra, che credeva di avere già vinto, è sempre più spaventata.
Fedelissimi come Giancarlo Galan lamentano il fallimento della rivoluzione liberale. In caso di vittoria, con la Lega ancora alleata, perché dovrebbe riuscire a fare quello che non ha fatto in passato?
La rivoluzione liberale non è fallita affatto. Certo, abbiamo incontrato molti ostacoli, ma non sono mai venuti dalla Lega.
E da chi?
Semmai da falsi alleati come Fini a Casini, che hanno tradito non me, ma il mandato degli elettori. Ora, senza quelle zavorre, e partendo dal cambiamento delle regole, saremo nelle condizioni di trasformare profondamente il Paese, di renderlo più europeo e più liberale.
Arriverà un nuovo contratto con gli italiani? Ci saranno ulteriori “colpi di teatro” dopo quello sull’Imu?
Abbiamo già presentato una proposta che rispetteremo come abbiamo sempre fatto in passato. Un istituto indipendente come l’Università di Siena ha certificato che noi abbiamo realizzato oltre l’80% degli impegni assunti con quel gesto. Il nostro metodo è la chiarezza e la credibilità, in modo che gli elettori possano scegliere consapevolmente. Dunque niente colpi di teatro, ma impegni seri e fattibili. Come quello che abbiamo appena annunciato: la restituzione dell’Imu che gli italiani hanno dovuto versare con il governo Monti nel 2012. Sarà resa possibile grazie all’accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali di cittadini italiani detenuti nelle banche svizzere.
Come rimettere a posto i conti dello Stato in tempi di crisi?
Per uscire dalla crisi e risanare i conti pubblici, non c’è che una strada: far ripartire la crescita. E per far ripartire la crescita c’è una sola cosa urgente da fare: ridurre le tasse. Alle famiglie e alle imprese. Meno tasse significano più consumi, e più investimenti, più produzione quindi più lavoro, più occupazione, più crescita. E con più crescita, se ci sono più persone che possono pagare le tasse, aumenta anche il gettito per lo Stato. Naturalmente c’è l’altra faccia della medaglia: il taglio della spesa.
Ma in molti dicono che il taglio delle tasse, ora, è praticamente impossibile.
Io credo che possiamo ridurre di un punto l’anno la pressione fiscale, con due punti l’anno di riduzione della spesa pubblica, senza tagliare alcun servizio importante per i cittadini. I margini per ridurre gli sprechi sono enormi. Sa quanto costa ogni lo Stato ad ogni cittadino in Italia, neonati compresi? 4.500 euro. E in Germania? 3.000 euro. Eppure pochi avrebbero il coraggio di sostenere che lo Stato Italiano funziona peggio di quello tedesco. Ci sono quindi margini per una riduzione della spesa di almeno il 10% in cinque anni.
Che ruolo immagina per se stesso in caso di vittoria? E di sconfitta?
Ho già detto che non contemplo l’ipotesi della sconfitta. Nel nostro governo, che sarà guidato da Angelino Alfano, il mio ruolo sarà quello di ministro dell’Economia. Per realizzare la grande riforma fiscale che da sempre è nei nostri obbiettivi, e che in passato è stata sabotata da alleati infidi.
Bersani annuncia un governo di massimo venti ministri, molti giovani, moltissime donne. Il vostro come sarà? E quali numeri avrà?
Bersani non avrà l’occasione di formare un governo. Nei governi che ho avuto l’onore di guidare ho affidato dicasteri importanti a giovani ministri, donne e uomini che si sono mostrati all’altezza del compito loro affidato. Il mio prossimo governo potrà contare su un’ampia gamma di competenze provenienti sia dal mondo della politica che dalla trincea del lavoro.
Mario Monti dice d’essersi pentito d’averla votata nel ’94. E lei si è pentito d’averlo mandato in Europa e al governo?
Monti fa bene ad essere pentito. Il nostro, nel 1994 come oggi, non è un movimento di tecnocrati. È un grande popolo, ricco di valori, di entusiasmo, di fede nella libertà. Con lui non ha proprio nulla a che fare. Se ci ha votato, si è sbagliato. E anch’io d’altronde mi sono sbagliato sul suo conto: lo credevo una persona di parola, quando assicurava che non avrebbe mai utilizzato il suo ruolo di leader tecnico per costruirsi una carriera politica. Lo ritenevo l’uomo giusto, super partes, per affrontare la crisi internazionale. Invece, dopo il suo governo, la situazione del nostro Paese è drammaticamente peggiorata.
Monti, però, attacca anche il Pd. Se l’aspettava questa “metamorfosi”?
Le polemiche fra Pd e Monti sono una classica sceneggiata del teatrino della politica. Tutti sanno che, se per disgrazia dovessero vincere le elezioni, governerebbero insieme.
La cosa migliore e peggiore del governo dei tecnici.
Per quanto mi sforzi non riesco a trovare nessun provvedimento che mi entusiasmi. Se devo indicare la cosa peggiore che ha dato il via alla spirale recessiva in cui ci siamo ridotti, è certamente l’Imu.
Non fa sconti a Monti. Ma, almeno in Lombardia, vi sta dando una grossa mano.
Non mi risulta. Si è schierato con Albertini, che io avevo voluto come sindaco di Milano e parlamentare europeo e che questa volta ha deciso di candidarsi contro il centrodestra, nel tentativo di dividere il voto moderato. In definitiva, a Milano come a Roma, Monti si rivela utile solo a Bersani. Una volta i comunisti avevano una definizione brutale per chi si comportava così: erano gli “utili idioti”. La differenza, rispetto a loro, è che Monti sa benissimo quello che fa.
Renzo Tondo, il presidente del Friuli Venezia Giulia, le chiese già un anno fa un passo indietro. L’ha “perdonato”?
Renzo Tondo ha espresso delle opinioni che non hanno mai messo in discussione l’unità del nostro progetto politico. Opinioni rispettabili, e dette con chiarezza, senza i sotterfugi e le manovre trasversali di altri. E comunque io non devo perdonare nessuno. Perché nessuno mi ha offeso sul piano personale.
Come mai Tondo è stato ricandidato?
Tondo viene ricandidato perché è un ottimo governatore, e una persona leale verso gli elettori.
Le regioni speciali, come il Friuli Venezia Giulia, fanno rima con privilegio? Vanno azzerate?
Tutt’altro. Io vengo a Trieste proprio per celebrare il cinquantesimo anniversario dello statuto speciale del Friuli Venezia Giulia. L’autonomia, quando è ben utilizzata, come nel caso della vostra regione, è uno strumento fondamentale, viste le tante particolarità di una regione di confine, a cavallo fra mondi diversi. Voglio ricordare che i nostri governi hanno fatto molto per rafforzare l’autonomia del Friuli Venezia Giulia, mentre sotto il governo Monti si è assistito ad una pericolosa inversione di tendenza in danno proprio della vostra Regione.
Ha sorprese in serbo per Trieste se vince le elezioni?
Ne abbiamo tante, non solo per Trieste, e tutte positive per tutti gli italiani. Ma, se dette prima, che sorprese sarebbero?
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