Bergoglio e il sogno della visita in Serbia. monsignor Jurkovic: «La storia frena il Papa verso Belgrado»
BELGRADA Il Vaticano non ha fretta, ma ci sono tutti i presupposti perché il Papa possa essere invitato a Belgrado. Una tappa simbolica, importantissima per il messaggio ecumenico del Pontefice nei confronti dei fratelli serbo-ortodossi. Non ha dubbi in proposito monsignor Ivan Jurkovič, 67 anni, originario di Lubiana e nunzio apostolico presso le Nazioni Unite di Ginevra, a Trieste per il 40esimo della nascita dell’associazione culturale Studium Fidei dove ha tenuto una conferenza dal titolo “Sollecitudine della diplomazia della Santa Sede verso la famiglia delle Nazioni”.
Monsignore, qunado il Pontefice potrà recarsi in visita a Belgrado?
Ogni giorno che passa è un giorno di meno per la visita storica.
Nella suo recente incontro con Papa Francesco anche il presidente della Serbia Aleksandar Vučić ha dato il suo beneplacito laico...
Il Papa ha delle esperienze con la Chiesa ortodossa che possono sorprendere tutti e lasciarci addirittura impreparati.
Allora la buona volontà c’è?
Sì, in generale è cambiato l’ambiente. Però in Europa, come in altre parti del mondo, c’è un sedimento storico che è molto, molto radicato che non può essere ignorato. Talvolta qualche avvenimento straordinario esterno però lo può rompere, ma altrimenti bisogna rispettarlo.
Che cosa vuol dire rispettarlo?
Significa avere pazienza. Se le cose succederanno questo accadrà all’interno del dialogo molto robusto che esiste tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Serve pazienza.
Ma la Chiesa cattolica sembra essere la più desiderosa di questo incontro a Belgrado tra le due Chiese...
Sì, è vero perché il Papa è sempre stato lanciato verso l’esterno, loro sono anche aperti, sono vicini, non parliamo di un altro continente e sta avvenendo continuamente uno scambio culturale, sociale ed economico tra le parti, perciò con pazienza e con la buona volontà ci sarà anche questo incontro storico.
Politicamente parlando il Vaticano non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e questo è stato un grosso endorsement alla Chiesa serbo-ortodossa...
La Chiesa conosce le sensibilità e la Santa Sede le rispetta credendo che lo scopo principale sia quello di proteggere e di promuovere le attività umane e la libertà religiosa. La Santa Sede vede il bene della popolazione e del dialogo culturale e religioso con i serbo-ortodossi che è al centro del lavoro vaticano.
Se il Papa va a Belgrado, questo sarebbe un buon viatico per vederlo anche a Mosca dove lei peraltro è stato nunzio apostolico?
Ho assistito personalmente all’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Cirillo. Tutto quello che succede in un Paese, in un grande Paese come la Russia ha sempre un grande riflesso. La buona volontà, la pazienza, ma anche uno sviluppo sociale, democratico, culturalmente avanzato aiuta affinché le cose vadano avanti e si aprano nuove modalità e con esse nuove possibilità. Io ci credo e tutti ci credono.
Cosa intente per sollecitudine della diplomazia della Santa Sede verso la famiglia delle nazioni?
La Santa sede che ha 180 sedi diplomatiche non è assolutamente d’accordo con la visione odierna di un mondo che non è più multilaterale.
Su questo Papa Francesco trova un grande alleato nel Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha esternato giovedì scorso il suo convinto multilateralismo alla conferenza dell’Ispi...
Certo, perché la famiglia delle nazioni ha bisogno di comunicare, con contatti bilaterali ma anche nelle grandi organizzazioni internazionali multilaterali. La Santa Sede crede in questo.
Come si pone in questo ambito la visione di Papa Francesco?
Con grandi temi come la tutela dell’ambienta, il tema delle migrazioni con il messaggio di accoglienza, il futuro del lavoro, la lotta al riarmo che mina la pace. Viviamo in un mondo che si chiude al colloquio. Mai si è speso tanto per gli armamenti come in quest’epoca e mai la Comunità internazionale ha avuto meno strumenti per regolare qualunque tipo di dialogo. Siamo in pericolo di guerra.
Pensa alla proliferazione nucleare?
Certamente e il Papa nel suo prossimo viaggio in Giappone ribadirà proprio questo rischio, di una guerra totale, apocalittica e denuncerà l’aumento esponenziale delle spese per gli armamenti. —
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