Beni pignorati all’asta, a Trieste il trend non si arresta

Da inizio anno già 62 le vendite concluse: da case a terreni fino a box auto. Altre 59 in calendario: c’è anche villa Ermione. Nel 2017 erano state 154
Il tribunale di Trieste
Il tribunale di Trieste

TRIESTE Nel 2017 nella provincia di Trieste sono stati 211 gli immobili pignorati, per i quali è stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare presso il Tribunale di Trieste. Un pacchetto composto da appartamenti, magazzini, garage, capannoni, fori commerciali e villette. Tenendo conto del fatto che al 31 dicembre del 2016 erano 356 le procedure esecutive ancora aperte, lo scorso anno sono state 154 le vendite all’asta conclusesi con il trasferimento dell’immobile a carico del nuovo proprietario; 62, invece, quelle dal 1° gennaio al 31 maggio 2018. In media, oltre dodici al mese.

Attualmente gli immobili che il Tribunale di Trieste ha calendarizzato per la vendita all’asta sono 59. Di questi, 15 sono appartamenti, 7 immobili commerciali, 5 tra ville e villini, un palazzo, 8 terreni e poi magazzini e box auto. Le tipologie sono molteplici. Nella rosa degli immobili ad uso residenziale c’è, ad esempio, un modesto alloggio da 41 metri quadrati in via del Veltro sul quale gravano un’ipoteca da 190 mila euro e un pignoramento immobiliare da oltre 41 mila: il 5 luglio si tenterà la vendita, partendo da una base d’asta di 23 mila euro; un altro appartamento in via Colombo da 80 mq su cui grava anche il pignoramento dello stesso condominio che verrà venduto con base d’asta di 54.700 euro. C’è anche un attico da 223 metri quadrati, su due piani con terrazza da 49 mq in via Tolmezzo e che il 31 agosto prossimo verrà venduto partendo da 386 mila euro. Tra le ville, il pezzo più prestigioso che il Tribunale tenterà nuovamente di vendere, il prossimo 27 luglio, è Villa Ermione, l’ex quartier generale della fallita Cividin. Il lotto, questa volta, oltre al parco, include dei terreni e 40 box auto nell’autorimessa Park Romagna. Base d’asta di 1 milione e 558.935 euro.

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Dietro a queste vendite ci sono spesso storie di difficoltà, di fallimenti imprenditoriali ma pure personali, familiari. Ci sono problemi finanziari, cartelle di Equitalia non pagate, gente che magari ha perso il lavoro e non è stata più in grado di pagare il mutuo ma pure chi, magari con il vizio del gioco, ha mandato a gambe all’aria il proprio patrimonio. A ricorrere al pignoramento nei confronti dei condomini morosi, di frequente sono anche gli amministratori di stabili. «La crisi a Trieste si sente ancora, ci sono molte situazioni debitorie e spesso il numero di pignoramenti è solo un piccolo spaccato di quella che è la situazione», valuta l’avvocato Paolo Volli. «Spesso – spiega – il creditore non utilizza lo strumento del pignoramento per la complicatezza delle procedure e per i costi che deve accollarsi». Anche la prima casa, nonostante la sua sacralità per la legge italiana, non sempre è inattaccabile. «È pignorabile se i debiti contratti dal proprietario sono verso soggetti privati: la banca con cui si è stipulato un mutuo, ad esempio, o qualsiasi altro soggetto terzo che non sia il Fisco o lo Stato», precisa il legale. Il divieto di pignorabilità sulla prima casa è rivolto soltanto agli agenti di riscossione.

Ma per le persone alle quali l’abitazione, con l’atto estremo, viene venduta all’asta e che non hanno la possibilità di trovare ospitalità da qualche parente o non hanno la capacità economica di pagarsi un affitto, c’è un “paracadute”, una possibilità di aiuto da parte delle istituzioni? «Laddove ci sono i requisiti – precisa l’assessore comunale ai Servizi sociali, Carlo Grilli – il Comune fa la sua parte, attivando tutta una serie di protezioni, che variano a seconda delle situazioni». Una realtà, quella dei triestini che si trovano con la casa venduta all’asta, ben nota anche alla Fondazione Caccia Burlo che conta 243 alloggi di proprietà ed è impegnata nel settore assistenziale alloggiativo, fornendo risposte a coloro che vivono in prima persona un momento di disagio economico e sociale che non consente loro di trovare soluzioni abitative diverse. «Negli anni abbiamo seguito molte di queste situazioni, con persone che hanno perso il lavoro oppure che hanno subito una riduzione drastica dell’orario di lavoro, tale da non consentirgli di pagare, ad esempio, il mutuo con la conseguente perdita della casa», testimonia la presidente Lori Petronio Sampietro. «Stiamo ovviamente molto attenti a verificare, attraverso una serie di controlli, vi sia una comprovata situazione di bisogno, non determinata dalla volontà della persona – precisa –. Noi fungiamo da “cuscinetto” in attesa che le persone facciano il percorso utile a vedersi assegnare un alloggio Ater».

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