Bengalese senza cittadinanza: «Scarsa volontà a integrarsi»
MONFALCONE Maglie strette in fatto di richieste di cittadinanza relative agli extracomunitari. A sperimentarne il rigore è stato un bengalese di 48 anni, che stabilizzatosi a Monfalcone da oltre dieci anni, aveva deciso di diventare “italiano” a tutti gli effetti. Dipendente di una ditta d’appalto nel cantiere navale, per la quale ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, ben a conoscenza della lingua italiana, aveva ritenuto di avere i requisiti necessari ad ottenere la cittadinanza presentando la relativa domanda. A distanza di circa 4 anni, è arrivata la “doccia fredda”. Un preavviso dal ministero di rigetto dell’istanza. Il motivo? Non avrebbe dimostrato capacità di integrazione, volendo piuttosto andare a vivere all’estero, in Gran Bretagna dove già risiede il fratello. Per questo la richiesta è stata considerata un’operazione di convenienza.
Il 48enne s’è affidato all’avvocato Barbara Breda, che ha inoltrato al ministero una serie di osservazioni, sulla scorta della presenza fattuale dei requisiti previsti dalla normativa. Il bengalese, A.A., era arrivato in Italia nel 1990. Per i primi 6 anni s’era stabilito a Roma, spostandosi poi in Veneto, per ritornare ancora nella Capitale e nuovamente nella regione veneta. Nel 1998 era giunto in città, nella quale vi è rimasto in pianta stabile. Nel 2018 aveva richiesto il ricongiungimento familiare per la moglie e i due figli. A Monfalcone ha sempre lavorato nello stabilimento di Panzano, alle dipendenze di imprese diverse dell’appalto, fino all’ultimo contratto a tempo indeterminato nella ditta dove tuttora lavora. L’uomo, pur avendo già maturato i termini di permanenza utili a conseguire la cittadinanza italiana, aveva mantenuto il permesso di soggiorno di lungo periodo, finché il 2 dicembre 2014 aveva effettuato la richiesta al ministero. Il 18 febbraio 2019, dal dicastero dell’Interno era arrivato il preavviso di diniego della domanda. La comunicazione sostanzialmente era in questi termini: «Dagli accertamenti effettuati sembrerebbe emergere una scarsa volontà di inserimento nel contesto nazionale ed una manifesta intenzione di recarsi a vivere all’estero con la famiglia. Ciò induce a ritenere che la richiesta di cittadinanza sia dettata da motivi di convenienza».
L’avvocato Breda ha osservato: «Il mio assistito possiede tutti i requisiti previsti dalla normativa. È da 28 anni nel nostro Paese e da una ventina a Monfalcone, dove risiede con la famiglia, in un appartamento in affitto. È stata dimostrata la continuità lavorativa e, a fronte di un contratto a tempo indeterminato, percepisce un regolare stipendio. Conosce bene la lingua italiana e la sua volontà è quella di continuare a rimanere a Monfalcone. Ho presentato nei termini stabiliti le osservazioni al ministero perché riteniamo che non sia stata valutata la stabile permanenza in Italia e in città. Mi chiedo su che base il ministero sostenga la manifesta intenzione del mio assistito di andare all’estero solo perché il fratello risiede in Gran Bretagna, come su che base avrebbe una scarsa volontà ad inserirsi nel territorio italiano. Ora siamo in attesa di una risposta da parte del ministero». Il legale ha concluso: «Una sentenza del Tar della Campania ha stabilito che alle osservazioni rese prima dell’emissione di un provvedimento negativo in ordine alla cittadinanza, il ministero sia tenuto a fornire adeguate spiegazioni».—
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