Benedetto XVI silura il vescovo di Pola

Al suo posto nominato monsignor Drazen Kutlesa, bosniaco che parla l’italiano. Resa dei conti vaticana per il caso Daila
20070224 - CITTA' DEL VATICANO - POL: PAPA: NO A EUGENISMO, EUTANASIA, ABORTO, CONVIVENZE. Il Papa Benedetto XVI in una recente immagine d'archivio. L'''eugenismo'' con la corsa al ''figlio perfetto'' e le ''diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione'' insieme alle ''leggi per legalizzare l'eutanasia'' sono per il Papa gli ''attacchi alla vita'' piu' diffusi nei Paesi ''piu' sviluppati'', insieme con le ''spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale''. In quelli meno progrediti si registra, invece, ''il ricorso alla liberalizzazione di nuove forme di aborto chimico, sotto il pretesto della salute riproduttiva''. La condanna di Benedetto XVI e' giunta oggi durante una udienza alla Pontificia Accademia per la vita. PATRICK HERZOG / ARCHIVIO / ANSA/ li
20070224 - CITTA' DEL VATICANO - POL: PAPA: NO A EUGENISMO, EUTANASIA, ABORTO, CONVIVENZE. Il Papa Benedetto XVI in una recente immagine d'archivio. L'''eugenismo'' con la corsa al ''figlio perfetto'' e le ''diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione'' insieme alle ''leggi per legalizzare l'eutanasia'' sono per il Papa gli ''attacchi alla vita'' piu' diffusi nei Paesi ''piu' sviluppati'', insieme con le ''spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale''. In quelli meno progrediti si registra, invece, ''il ricorso alla liberalizzazione di nuove forme di aborto chimico, sotto il pretesto della salute riproduttiva''. La condanna di Benedetto XVI e' giunta oggi durante una udienza alla Pontificia Accademia per la vita. PATRICK HERZOG / ARCHIVIO / ANSA/ li

di Mauro Manzin

TRIESTE

La decisione era nell’aria da settimane. Ma si sa, i tempi del Vaticano sono diversi da quelli di qualsivoglia “istituzione”. Così Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Parenzo e Pola monsignor Drazen Kutlesa, finora prelato della Congregazione per i Vescovi, che conosce l’italiano, il tedesco e l’inglese.

Nato 43 annni fa a Tomislavgrad, in Bosnia-Erzegovina, il vescovo coadiutore assume di fatto pieni poteri. La nomina rappresenta un vero e proprio commissariamento della diocesi ex italiana dopo la disobbedienza del vescovo ordinario, monsignor Ivan Milovan, che si era ribellato a una decisione del Pontefice riguardo alla restituzione di beni (monastero di Daila) - già nazionalizzati dalla ex Jugoslavia - al monastero di Praglia, che li aveva avuti originariamente in eredità. Il presule si era rivolto alla giustizia locale, che ha sospeso il decreto pontificio appellandosi al Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 che stabiliva l’obbligo per l’Italia di indennizzare i nostri connazionali che hanno lasciato case e proprietà nell’attuale Croazia. In realtà, l’Italia non ha poi onorato completamente questo impegno, ma la decisione del Pontefice non riguardava un problema bilaterale tra la ex Jugoslavia e il nostro Paese, quanto una questione di giustizia interna alla Chiesa perchè le ingenti ricchezze erano state già incamerate (e in parte dissipate) dalla diocesi di Pola cui erano state trasmesse dallo Stato dopo l’indipendenza della Croazia.

La decisione del Tribunale croato di invalidare quanto stabilito dal Papa aveva suscitato «stupore» da parte della Santa Sede perchè, come aveva detto padre Federico Lombardi, «sia per la straordinarietà della decisione adottata e perchè il primo ministro croato aveva manifestato l’intenzione di affrontare in spirito di collaborazione un problema che sta a cuore sia alla Croazia sia alla Santa Sede, sia perchè un tale modo di procedere non sembra coerente con il principio fondamentale della certezza del diritto». La nomina di ieri conferma la linea vaticana per la quale quella sui beni croati dell’abbazia di Praglia rappresenta una controversia intraecclesiale.

L’allontanamento di monsignor Milovan, annunciato dal Nunzio apostolico a Zagabria, arcivescovo Mario Roberto Cassari, rappresenta però la vittoria dell’arcivescovo di Zagabria Franjo Kuharic nei confronti delle fronde più nazionaliste del clero croato. Ma è, indirettamente, anche una forma di “scomunica” della politica dello Stato croato nei confronti della Chiesa cattolica. Un messaggio molto forte che giunge alla vigilia delle elezioni politiche in Croazia. Per la premier Kosor e l’Hdz un viatico non certo rassicurante specialmente dopo la linea dura promessa dal primo ministro in piena campagna elettorale. Insomma per molti la Kosor rischia di rimanere con il cerino acceso in mano.

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