«Basta rinvii, subito le migliorie a Krško»
LUBIANA. Malgrado le promesse, Lubiana non starebbe facendo abbastanza per potenziare la sicurezza della centrale nucleare di Krsko in base ai nuovi parametri fissati dopo il disastro di Fukushima. L’accusa-denuncia arriva dal braccio sloveno di Greenpeace, che l’altro pomeriggio ha diffuso un duro e preciso comunicato. Vi si ricorda che dopo il sisma in Giappone e il conseguente incidente nucleare a Fukushima, la Commissione europea e lo European Nuclear Safety Regulators Group (Ensreg), «organo indipendente» creato da Bruxelles per vigilare sul fronte della «sicurezza» delle centrali europee, avevano imposto i «cosiddetti stress test» agli impianti atomici del Vecchio continente. Test che nel 2013 erano poi sfociati nella stesura dei Piani d’azione nazionali, vere e proprie “bibbie” per modernizzare le centrali esistenti alzando l’asticella dei livelli di sicurezza nel rispetto dei nuovi standard nati dalla tragedia della centrale giapponese. In contemporanea, Greenpeace aveva avviato un’analisi parallela e indipendente, dedicata alle «13 centrali nucleari» europee per certi versi più problematiche, Krsko inclusa.
Due anni dopo, l’organizzazione non governativa ha «commissionato una nuova valutazione indipendente» dello stato di salute delle 13 centrali e dei lavori fatti per renderle più efficienti e sicure. Per Krsko i risultati non sarebbero affatto buoni. In primo luogo, si legge nell’analisi di Greenpeace, «l’alto rischio sismico nel sito di Krsko non è ancora preso sufficientemente sul serio» dalle autorità di Lubiana e il piano nazionale sloveno sarebbe dunque imperfetto. Non solo. Non ci sono ancora «informazioni sullo status delle nuove misure di protezione dalle inondazioni» e neppure sui «relativi margini di sicurezza», così come rimangono «non chiare» quelle «per l’implementazione di misure di protezione» in caso di «eventi atmosferici estremi». Infine, diverse scadenze relative alla realizzazione di «miglioramenti cruciali» per l’impianto di Krsko – tra cui l’installazione di un «sistema di raffreddamento secondario» e la creazione di una «nuova stanza di controllo per emergenze» - sono state via via posticipate per tre anni soprattutto per motivi economici, l’accusa di Greenpeace.
Ma la carenza di fondi non deve essere una scusa, ha sottolineato Matjaz Dovecar, portavoce di Greenpeace Slovenia, aggiungendo che Lubiana deve guardare responsabilmente «alle linee guida per la sicurezza nucleare sviluppate dopo l’esperienza di Fukushima», attuandole. Anche se, considerati i ritardi nel concretizzare il piano di svecchiamento - trascurando il rischio sisma nell’area - per l’Ong la soluzione migliore forse sarebbe addirittura, specifica Greenpeace, «chiudere immediatamente» la centrale. Centrale che la settimana scorsa ha registrato un nuovo inciampo, seppur minimo. Come segnalato dalla Nek, il gestore dell’impianto, i rilevamenti hanno fatto sospettare il probabile danneggiamento di almeno una barra di combustibile nucleare su 28mila. Un evento simile era già stato registrato nel 2013 ma secondo la Nek, anche in quel caso, non ci furono rischi per l’ambiente.
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