Basta regate, ora Marco prova a dare una mente ai robot
TRIESTE Continuare nell’agonismo velico o imbarcarsi in un nuovo percorso di studi? Dopo la triennale in Ingegneria, Marco Rochelli ha optato per la seconda strada. Fresco di laurea magistrale in Ingegneria elettronica e informatica, curriculum Applicazioni informatiche all’Università di Trieste, il 26enne giuliano ora ha in mano una nuova sfida: con la sua tesi potrebbe aver scoperto nuove vie per rendere il robot sempre più umano. I risultati sono riportati in un articolo inviato all’importante conferenza Genetic and Evolutionary Computation Conference (Gecco), il primo step per vedere poi pubblicato il proprio elaborato.
Come mai si è addentrato nel mondo dell'Ingegneria informatica?
È stato un percorso non facile. Alle superiori m’interessavano tante cose. Un giorno una professoressa mi ha invitato a seguire dei corsi pomeridiani di Matematica, che includevano anche una piccola gara. I più bravi potevano partecipare per una settimana ai lavori del laboratorio Insiel. Sono riuscito a vincere e ho visto con i miei occhi l’azienda informatica: in quel momento ho scelto di fare Ingegneria. Al contempo però praticavo vela a livello agonistico: andavo dai 160 ai 220 giorni all’anno in barca. Alla fine della triennale mi sono trovato di fronte a un bivio: fare il velista professionista o continuare a studiare? Avevo appena vinto due campionati italiani. Alla fine ho scelto per la seconda opzione.
Cosa l’ha spinta a continuare a studiare?
Sono giovane e mi piacciono le sfide di tipo intellettuale: se c’è un problema da risolvere, devo sbattere la testa finché non trovo la soluzione. E poi c’era una componente emotiva. Ad esempio ora, con la tesi della magistrale, pare abbiamo scoperto qualcosa di nuovo. Entro oggi (ieri, ndr) dobbiamo terminare un articolo scientifico da inviare alla Gecco. Se ci accettano l’articolo, per me sarà incredibile. Queste emozioni con le regate non le avrei mai provate, perché una volta ottenuta la vittoria, tutto finiva lì. Invece con gli studi si aprono sempre nuove possibilità.
Che tipo di tesi ha scritto?
Una tesi di ricerca all’università. L’argomento era per me molto interessante. L’ho sviluppato con il professore Eric Medvet, che è stato davvero disponibile.
Qual è il tema?
Partiamo dall’inizio. L’idea di fondo è la seguente: vado in giro con un sacco di cubetti morbidi, tipo marshmallow, li lancio, si assemblano e compongono un robot. Contraendosi, fanno muovere il robot. Se si rompe un cubetto, lo cambio, dando una nuova forma al robot (cosa che non è possibile fare ora). Su questo punto abbiamo cercato una soluzione.
Quale?
Sulla ricostruzione dei cubetti ci stanno lavorando cinesi e americani con soluzioni diverse. Ma bisogna anche dare una mente a questi robot affinché imparino da soli come comportarsi. A Trieste abbiamo lavorato sulla mente del robot. Nella mia tesi abbiamo trovato una codifica per il dna della mente del robot che gli permette d’imparare contemporaneamente come modificare la sua foma e il suo comportamento. Prima poteva agire in autonomia solo per una delle due soluzioni e nel secondo caso era necessario l'intervento umano.
E ora?
Abbiamo mandato alla Gecco un articolo sui risultati affinché venga pubblicato. Speriamo bene. —
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