«Basta morti sull’Isonzo». Giro di vite della Prefettura

Gulletta: «Tre in sette anni sono troppi. Cartelli dissuasori e più controlli lungo il fiume. Ma i Comuni devono impegnarsi per tenerli occupati»
La tendopoli sull'Isonzo
La tendopoli sull'Isonzo

GORIZIA Sette anni fa il primo caso. Un ospite egiziano del Cara, Ahmad Mahmoud, trovò la morte nell’Isonzo a causa di un malore improvviso. Poi, nell’estate scorsa, fu la volta di Taimur Shinwari, il 25enne pakistano che venne inghiottito dal fiume a Gorizia. L’ultimo caso nei giorni scorsi con l’annegamento a Gradisca d’Isonzo di Zarzai Mirwais, 35 anni, afghano. Tre casi, due dei quali a nemmeno un anno di distanza uno dall’altro. E la Prefettura non nasconde la sua preoccupazione. «Basta morti nell’Isonzo», sussurra il viceprefetto vicario Antonino Gulletta. «Siamo davvero dispiaciuti e costernati - sottolinea -. C’è da sperare che la morte di questo ragazzo non sia inutile, ma serva da monito a tutti: l’Isonzo è pericoloso e la balneazione è assolutamente sconsigliabile».

 

Gradisca, afghano annega nell'Isonzo
I connazionali dell'afghano mentre vegliano la salma

 

Gulletta, in questi mesi cosa è stato fatto per evitare che gli immigrati raggiungessero il fiume?

Intanto, va precisato che queste persone hanno piena libertà di circolazione. Possono girare e muoversi a loro piacimento, senza alcuna costrizione nè impedimento. Non possiamo mica chiudere le porte del Cara, non possono rimanere reclusi nel centro governativo... Detto questo, abbiamo fatto di tutto e forse anche di più per convincerli a non fare il bagno nell’Isonzo, a non frequentare le zone fluviali. Li abbiamo anche diffidati ma non c’è stato verso. Quotidianamente, si incamminano e raggiungono le rive.

Ormai il fiume, “the jungle” come la chiamano, è diventata la loro casa...

Diciamo che rispetto alla morte di Taimur c’è un elemento importante di distinzione. Lo scorso anno, a Gorizia, gli immigrati “vivevano”, di fatto, in riva al fiume, in capanne e rifugi di fortuna perché non c’erano soluzioni di accoglienza. In quest’ultimo caso, Zarzai aveva una casa, ovvero il Cara. Poi, durante il giorno, raggiungeva l’Isonzo con un gruppo di amici. Per loro, è quasi una tradizione culturale restare vicino a un fiume e immergersi nell’acqua. Per questo, è difficile convincerli. Ma devono capire che l’Isonzo è un pericolo: è un corso d’acqua infido, insidioso. Sono stati predisposti nei mesi scorsi depliant informativi ad ogni nuovo ingresso al Cara e pure cartelli plurilingue nelle zone fluviali gradiscane ma è netta la sensazione che i richiedenti asilo non abbiano l’esatta percezione dei pericoli del fiume con le sue correnti.

Che fare?

Partirà, subito, una nuove campagna informativa. Realizzeremo dei fogli informativi di colore rosso, quindi molto visibili, che elencheranno, in tutte le lingue, i pericoli dell’Isonzo. Speriamo di avere maggiore fortuna rispetto al passato. E poi, verranno infittiti i controlli da parte delle forze dell’ordine. Purtroppo, su questo tema, abbiamo svolto decine e decine di riunioni, elaborato strategie e costruito piani informativi ma i risultati, visto l’ultimo decesso, non sono stati apprezzabili. Ma c’è anche un’altra maniera per affrontare maggiormente “di petto” la questione.

 

 

Quale?

Bisogna fare in modo che queste persone vengano impiegate in qualche maniera. Come? Occupandole con dei corsi, come già abbiamo fatto. Oppure ricorrendo ai lavori socialmente utili. Insomma, bisogna trovare occasioni per reimpiegarli in maniera concreta e fattiva: così, ci saranno meno occasioni, per loro, di raggiungere le zone fluviali.

Però, ci vuole l’accordo con i Comuni...

Certi Comuni hanno siglato delle convenzioni. Altri no.

Ad esempio, il Comune di Gorizia non ha mai “sfruttato” la presenza degli immigrati...

In effetti, è così. Faremo in modo che tutte le municipalità che ospitano immigrati sui propri territori prendano coscienza del problema e agiscano di conseguenza. Ci sono richiedenti asilo che sarebbero felici di rendersi utili e di mettersi a disposizione della collettività in qualche maniera. È anche vero che c’è anche un altro aspetto di difficile gestione.

Quale?

Ci sono tanti immigrati. E non è facile riuscire a trovare un impiego e un impegno per ognuno di loro. Servirebbe una marea di convenzioni. Ma vale la pena di iniziare, quantomeno, ad intraprendere un ragionamento in merito.

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