Basta monsignori senza nomina solo “don”

VENEZIA. “Monsignori” addio. È questo il senso del provvedimento del nuovo vicario generale don AngeloPagan, firmato dal patriarca Francesco Moraglia, in linea con il diritto canonico. Solo chi è stato nominato direttamente dal Papa può fregiarsi del titolo di “monsignore”, gli altri restano “don”. In Curia minimizzano: «Macché retrocessione, sull’utilizzo dei titoli è in atto una rigorosa revisione che rientra nella linea di sobrietà di papa Francesco». E il richiamo del Papa non è caduto nel vuoto. Il patriarca Moraglia sta seguendo la linea della sobrietà e del servizio. Anche nell’utilizzo dei titoli. Da mesi il presule ha sostituito il titolo di “monsignore” con quello di “don”. Si rivolge ai suoi sacerdoti e li chiama “don”. I sacerdoti che finora erano chiamati monsignori sono 17 prelati del Capitolo Cattedrale Metropolitano nominati nel tempo dai vari Patriarchi. A questi se ne aggiungono altri 8. Il loro titolo di “monsignore” era legato alla carica svolta che decadeva nel momento in cui c’era un’altra destinazione.
Ma cosa signifca “monsignore”? È un titolo ecclesiastico mutuato dal francese monseigneur, mio signore. È riservato a coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine sacro nel grado dell’episcopato. L’onorificenza pontificia viene proposta dal vescovo diocesano ad ecclesiastici come apprezzamento e riconoscenza per il servizio prestato. Il titolo si suddivide in tre ordini di importanza: cappellano di Sua Santità, prelato d’onore di Sua Santità, protonotario apostolico soprannumerario. Il titolo è conferito a seguito di speciale concessione della Santa Sede anche a vescovi, preti vicari generali o episcopali delle diocesi, canonici effettivi ed onorari di Capitoli Cattedrali durante munere, cappellani militari dell’ Ordine di Malta o cavalieri dell’ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Nella diocesi lagunare i veri “monsignori” sono quelli di nomina papale. Un po’ di imbarazzo è nato lo scorso 24 giugno in palazzo patriarcale, quindici mesi esatti dall’ingresso di Moraglia a Venezia, durante una riunione improtante: nella sala Tintoretto il presule aveva infatti riunito e comunicato ai rappresentanti degli Uffici di Curia, dei Consigli Presbiterale e Pastorale diocesano e ai Vicari Foranei il nuovo “governo” della Curia e della Diocesi. Nel leggere il testo monsignor Moraglia ha pronunciato “don” e non “monsignore”.
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