Barche senza targa vietate in Slovenia: da Trieste l’appello per una mediazione

Assonautica chiede al governo un’operazione diplomatica. Lo scoglio dei costi di immatricolazione e il rebus procedure

TRIESTE Una mediazione con il governo sloveno o, in alternativa, una soluzione light che semplifichi la procedura di immatricolazione delle barche. La scelta della Slovenia di adottare la tolleranza zero nei confronti delle imbarcazioni “senza targa” arriva come un fulmine a ciel sereno nei circoli nautici del golfo di Trieste, nonostante il tema sia noto da diversi anni.

Per chi volesse immatricolare uno scafo varato dopo il 1998 le procedure non sono complesse, resta da capire se ne vale la pena a livello di costi. «Parliamo di più di 3 mila natanti considerando solo Trieste – spiega Antonio Paoletti in veste di presidente di Assonautica –, i quali difficilmente effettueranno una registrazione costosa. Molto probabilmente, quindi, sceglieranno di restare in Italia e da un lato potrebbe essere un vantaggio (per l’economia locale, ndr). Spiace perché in questi momenti ci si aspetterebbe più collaborazione tra Stati. Ora lavoreremo con i circoli nautici per interloquire con il governo, lo scopo deve essere di arrivare ad accordi con Slovenia e Croazia (dove esiste l’obbligo ma resta la tolleranza, ndr) al fine di ovviare a questa limitazione. L’alternativa è la creazione di una sorta di targa “light”, come avviene per i motorini, in grado di consentire l’identificazione del natante».

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Bonaventura Monfalcone-02.03.2018 Zona futuri lavori-Lega Navale-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura


Sui pontili il rischio sanzioni era comunque noto come spiega Marco Penso, presidente della Triestina della vela: «Già lo scorso anno avevamo contattato il consolato italiano a Lubiana. A prevedere l’obbligo della targa è la legge slovena, i natanti non avendo una registrazione non sono identificabili come italiani e per questo possono essere sanzionati». Così Pierpaolo Scubini, presidente della Lega Navale: «Da noi è obbligatorio avere la patente nautica o seguire un corso base perché in mare non si scherza e serve un minimo di preparazione. Personalmente quindi non trovo nulla di male nell’obbligo della targa. Così come fatto con i motorini, avrebbe senso per l’Italia adeguarsi, ma con procedure più semplici». Teoricamente nessun natante potrebbe espatriare, come ha spiegato Penso, perché senza bandiera.

Lasorte Trieste 18/06/20 - Sacchetta
Lasorte Trieste 18/06/20 - Sacchetta


Oggi ottenere una “targa” è fattibile: se la barca è nuova se ne occupa il cantiere, se è già in possesso il costo tramite agenzia è di circa mille euro, 500/600 se si prova a farlo in autonomia. Esiste però l’ostacolo del marchio “Ce” obbligatorio dal 1998 e presente sullo scafo. In assenza del marchio bisogna rivolgersi a un perito con costi decisamente più alti e risultato incerto, essendo le norme molto restrittive. La Capitaneria poi richiede un documento che attesti la proprietà dello scafo: un natante sotto i 10 metri in Italia paradossalmente è come una bicicletta e non vi è alcun documento in grado di confermarne la proprietà, ma esiste una sorta di tolleranza. All’immatricolazione si aggiunge poi la “revisione” obbligatoria ogni cinque anni, la prima viene fatta sulla base della classe nautica e va effettuata da 5 a 10 anni dal varo. Il costo è di non meno di 500/600 euro sulla base del perito scelto.

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È possibile andare in Croazia senza passare per il mare sloveno, bisogna però fare rotta su Lignano e poi su Punta Salvore. Impossibile senza patente nautica – obbligatoria oltre le sei miglia nautiche – e le dotazioni corrette calcolando una distanza totale di circa 23 miglia nautiche da costa a costa. Ad allargare il ragionamento è il presidente dello Yacht Club Adriaco, Piero Fornasaro De Manzini: «Il problema di fondo è il modo scoordinato in cui è nata l’Unione europea. Esiste una babele di provvedimenti amministrativi impossibile da ricostruire. Sotto i 10 metri sono tantissime le barche non targate, al momento la stagione non è ancora partita e quando avremo qualcosa di chiaro avviseremo i soci dei rischi». Luciano Agapito, presidente del Circolo della Vela Muggia è senza parole: «Quella della Slovenia – aggiunge – è una presa di posizione che non piacerà a moltissimi diportisti. Il problema è il transito anche perché le nostre coste sono più belle. Vedremo cosa succederà al Lazzaretto». La baia è infatti proprio sul confine e la polizia slovena effettua spesso blitz e controlli in quell’area. —


 

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