Barbieri, alimentari e ditte edili. A Trieste è boom di imprese avviate da stranieri

Le attività gestite da titolari non italiani rappresentano quasi il 18% del totale. In Italia solo Prato ha percentuali più alte
Un ristorante di kebab gestito da tre cittadini turchi
Un ristorante di kebab gestito da tre cittadini turchi

TRIESTE Negozi di barbieri aperti da cittadini afgani e pakistani. Ristoranti e rivendite di generi alimentari gestiti da cinesi. Imprese edili e ditte di pulizie con titolari serbi. A Trieste è boom di realtà produttive avviate da imprenditori stranieri. Un’impennata testimoniata anche dai dati dell’ultimo report di Unioncamere e Infocamere, che vede passare la nostra città dal quarto al secondo posto in Italia per numero di ditte con titolari che parlano una lingua diversa dall’italiano.

Nel dettaglio le imprese con titolare straniero nel primo semestre 2020 hanno fatto registrare un tasso di crescita del 1,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un balzo significativo tenendo conto che l’emergenza Covid-19 ha rallentato in generale l’iscrizione al Registro delle imprese di ogni tipo di nuova attività. Meglio di noi hanno fatto solo gli imprenditori stranieri residenti a Prato, la capitale dell’industria tessile ad altissima concentrazione di ditte cinesi, che guida saldamente la classifica italiana. Lì infatti le imprese con titolare straniere il 30 giugno scorso risultavano 2.788, il 17,3% del totale contro il 16,6% del 2019 e del 16% nel 2018.

Tornando a Trieste, per rendere ancora meglio l’idea del boom delle imprese straniere basta pensare che nel 2013 rappresentavano appena il 10,3% delle imprese della provincia. Chi ha contribuito di più a questa crescita? Soprattutto gli imprenditori serbo-montenegrini, si apprende dall’Ufficio statistica della Camera di commercio, seguiti da cinesi, kosovari e turchi. In ascesa, seppur con numeri ancora poco significativi sono i bengalesi impegnati soprattutto nei negozi di generi alimentai e nei call-center, mentre nel campo delle acconciature si fanno pian piano largo marocchini e afgani. Una stima approssimativa delle associazioni di categoria che registrano la crescita più importate di imprese straniere, evidenzia un tasso di incidenza del 30% degli stranieri nel comparto dell’edilizia, del 11-12% in quello dei pubblici esercizi, del 6-7% tra sarti specializzati solo in riparazioni e parrucchieri.

Il fenomeno che più di altri sta registrando un netto aumento delle imprese con titolare di origine straniera è quello dei servizi alla persona, ma soprattutto dei barbieri. «C’è un aumento tangibile – conferma Dario Bruni, direttore di Confartigianato Trieste –, di barbieri in primis: diversi di loro bussano anche alle porte della nostra associazione per chiedere informazioni e per farsi accompagnare in alcune fasi dell’apertura». La presenza di queste attività e tangibile in diversi punti della città: prezzi super concorrenziali, velocità, con la fila all’esterno in attesa di una sistematina al taglio di capelli e alla barba. Va considerato che i saloni di acconciature solo maschili erano in diminuzione: vecchi barbieri andavano in pensione lasciano il più delle volte il foro vuoto. Il settore, anche con il ritorno alla moda della barba per gli uomini, ha nuovamente appeal, e il mercato viene conquistato da questi imprenditori.

La parte del leone, incidendo in maniera determinante sull’elevato tasso di imprenditori stranieri a Trieste, la fanno però le imprese di stranieri attive nel comparto delle costruzioni. «In questo settore si registra una crescita di imprenditori croati, – riferisce Bruni –. In generale nell’edilizia le imprese straniere si occupano per lo più di demolizioni e restauro interno di appartamenti, meno di installazione di impianti. Le rifiniture, e tutto quello che ha a che fare anche con la parte estetica di una costruzione, restano per lo più in capo a imprese italiane che in questo campo sono da sempre un’eccellenza». Bruni spiega che molti di questi imprenditori stranieri, quelli regolari con impresa registrata, «si sono anche ben integrati e interagiscono e collaborano con le altre imprese del territorio».

Nella gestione dei pubblici esercizi, c’è stata nell’ultimo anno una frenata dei cinesi a favore invece dei turchi che hanno aperto altri kebab o rivendite di pizze al taglio e per asporto. Stabile il settore del commercio al dettaglio, con una riduzione dei negozi di abbigliamento gestiti da cinesi e un contestuale aumento di quelli dedicati alla riparazione di articoli per telefonia e computer e alla vendita di alimentari.

Una curiosità: difficilmente queste imprese assumono italiani. Gli unici ad avere da qualche anno qualche dipendete italiano, anche per facilitare il rapporto con i clienti, sono i cinesi. —


 

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