Bankitalia nell’era delle criptovalute: «Serve più conoscenza dei rischi»
TRIESTE «Sfatiamo una leggenda, Bankitalia non ha mai smesso di stampare moneta..»: il direttore della sede di Trieste della Banca d’Italia esordisce con una battuta per definire i nuovi compiti dell’istituto nell’era delle criptovalute e dei pagamenti digitali. Oggi nel mondo si investono 31 miliardi di dollari nelle applicazioni fintech. Realtà piccole, innovative e ad alta tecnologia, in gran parte concentrate nel settore bancario e assicurativo che si rivolgono soprattutto alla generazione dei millenial e ai nativi digitali. Ma anche criptovalute e bitcoin stanno cambiando il nostro rapporto con il risparmio.
Bankitalia ha aperto ieri a Trieste una serie di incontri che sta organizzando in varie città italiane per insegnare la cultura finanziaria e aprirsi al dialogo con i risparmiatori e cittadini. Un’operazione trasparenza molto apprezzata nel quadro degli eventi che precedono Esof 2020, come ha spiegato il presidente del comitato organizzatore Stefano Fantoni. Paola Giucca, direttore Senior nel servizio supervisione mercati e sistema dei pagamenti di Bankitalia, ha spiegato che bisogna mantenere la giusta cautela verso i servizi finanziari ad alto contenuto tecnologico. Ogni anno avvengono in Italia 6 miliardi di pagamenti, e molti di questi avvengono in moneta digitale. Ma nel mondo delle criptovalute e dei bitcoin che spostano masse di capitali virtuali bruciando miliardi di bit basta un solo errore per veder svanire il proprio capitale. Per questo, avverte Giucca, bisogna possedere una giusta cultura del rischio nel mondo sommerso delle criptomonete. Molto alto è anche il rischio degli attacchi informatici: in Italia lo scorso anno ne sono stati sventati ben 1800 con un potenziale di rischio su vasta scala. Ogni volta che c’è un’innovazione finanziaria che entra nell’utilizzo di massa bisogna usare in sostanza molta cautela.
Molti cambiamenti sono destinati a sconvolgere il nostro rapporto con il denaro. La moneta è sempre più virtuale. Le fintech costringono gli sportelli tradizionali a cambiare. Basti pensare all’Internet banking a cui si accede con una semplice applicazione su uno smartphone. Ma non solo. Oggi si può identificare una persona tramite la sua impronta digitale, riconoscere un volto misurandone le fattezze in 3D, scannerizzare un documento e connettersi alla filiale di una banca direttamente sul web. Lo sportello tradizionale insomma è destinato quasi a scomparire.
Le banche digitali possono creare un Iban in sessanta secondi e già hanno milioni di clienti.Ma è anche possibile geolocalizzare persone, cose, vetture. Il cosiddetto Internet of Things, come ha spiegato il Ceo di Eurotech Roberto Siagri in una conversazione con il giornalista de La Stampa Francesco Spini. Le macchine sono sempre più “intelligenti” e possono riconoscere i comportamenti dei consumatori per poi “classificarli” attraverso i big data. In ambito finanziario ci possono essere migliaia di queste applicazioni. «Ma la consapevolezza dei rischi è fondamentale», avverte Bankitalia . —
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