Banconote false: condannati due gradesi
GRADO. I gradesi Guido Marizza e Antonio Di Somma sono stati condannati dal Tribunale di Gorizia a un anno di reclusione e mille euro di multa perché ritenuti colpevoli del reato di “falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate”. L’accusa, sostenuta dalla pm Ilaria Iozzi aveva chiesto per Di Somma 4 anni e mille euro di multa, per Marizza tre anni e sei mesi e 800 euro di multa. Per gli altri due imputati, Tobia Stile e Giancarlo Pasquale, residenti nel Napoletano, finiti assolti, la pm aveva chiesto la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione la multa di 600 euro.
Il Tribunale (organo collegiale presieduto da Comez, a latere Coppari e Rozze) ha accolto le istanze delle difese (Tarlao per Marizza, Zidarich per Di Somma e Stile, Pericolo per Pasquale) secondo le quali, rispetto al capo di imputazione, l’eventuale distribuzione di banconota falsificate è avvenuta “senza concerto”.
Si chiude così un processo lungo e complesso, partito dalle indagini effettuate dai carabinieri di Grado dal settembre al dicembre del 2012. Indagine che prese le mosse dopo ripetute segnalazioni di circolazione di banconote false a Grado. Tali banconote provenivano dal Napoletano. Gli investigatori si sono così imbattuti negli imprenditori gradesi Marizza (titolare di una autofficina) e Di Somma (all’epoca titolare di un distributore di carburante).
La Procura, autorizzata dal gip, aveva disposto alcune intercettazioni telefoniche, comprese quelle con le utenze intestate ai gradesi i quali avevano frequenti contatti con Stile e Pasquale ritenuti i collettori tra la zecca clandestina del Napoletano e le località turistiche di Grado, della Slovenia e della Croazia.
Nelle telefonate gli interlocutori spesso facevano riferimento ad automobili specificandone il colore. Secondo gli investigatori quelli erano messaggi cifrati per accordarsi sullo smercio delle banconote false. Ma le difese, in sede di arringa, hanno ricordato come Marizza e Di Somma si occupassero davvero di automobile e quindi non c’era alcun mistero.
Ma l’elemento che più fa riflettere è che gli episodi contestati dall’accusa sono appena quattro, in totale. E si parla dello scambio di poche banconote da 20 e 50 euro e in un solo caso di 500 euro. Falsari parsimoniosi viene da pensare. O prudenti. Sicché le difese, chiedendo per gli assistiti l’assoluzione perché il fatto non sussiste hanno in subordine avanzato la richiesta al Tribunale di considerare le lieve entità del danno provocato dal reato, se accertato. Speciale tenuità del fatto che sovente fa propendere per l’assoluzione. Così è stato in questo caso per i napoletani.
Per l’avvocato Tarlao, che medita il ricorso in Appello per il suo assistito non appena lette le motivazioni della sentenza, si è trattato del classico caso in cui «la montagna ha partorito un topolino». «Né dall’indagine né dalle testimonianze sentite in aula - ha detto Tarlao- sono emerse prove evidenti a carico degli imputati». Analoga considerazione è stata fatta anche per i viaggi dal Napoletano a Grado effettuati da alcuni degli imputati, considerati alla stregua di corrieri di banconote false.
L’avvocato Zidarich ha pure sollevato la questione di competenza territoriale del Tribunale di Gorizia. A suo dire una delle conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti, e ammessa come prova dell’accusa, si era svolta a Trieste. Dunque, secondo Zidarich, è il Tribunale del capoluogo regionale che era deputato a procedere nei confronti degli imputati.
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