Banche dati accessibili, il portale opendata Fvg a metà classifica in Italia

Online solo il 25% del paniere informativo fissato dall’Agenzia per l’Italia digitale
Ci sono amministrazioni pubbliche che diffondono con trasparenza ogni genere di dato in loro possesso, e altre un po’ più “conservative”.
 
Maggiore efficienza grazie ai dati aperti: i segreti del successo lombardo
 
Informazioni come gli indicatori sugli incidenti stradali, in tempo reale, e sui pagamenti effettuati, ma anche, più prosaicamente, il censimento delle edicole o delle pompe di benzina sul territorio.
 
Con questi dati è possibile essere sempre aggiornati sulla qualità dell’aria, oppure sullo stato delle colture dei terreni agricoli, accelerare i tempi per ottenere moduli o certificati o creare applicazioni per la gestione delle emergenze. Ad aprile l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) ha pubblicato una lista di banche dati che le Pa dovrebbero rendere disponibili a tutti i propri cittadini in formato aperto. Così come esiste un paniere dei prezzi al consumo Istat, quindi, ce n’è uno che indica quali tabelle lo Stato e le Regioni dovrebbero rendere accessibili alla società civile. Nel formato più aperto possibile.
 
++ In fondo la lista completa ++
 
Anche il Fvg ha il suo portale open data, una vetrina in cui sono accessibili e liberamente fruibili i dati della Regione. Il sito ha compiuto da poco tre anni ma, nonostante usi la stessa tecnologia di quello omologo della Casa Bianca, contiene delle informazioni di qualità migliorabile. Il Fvg si piazza infatti a metà classifica come livello di apertura dei suoi dati pubblici. Il portale, assieme al catalogo dei dati ambientali e territoriali, ha ottenuto un risultato del 25% nel Rapporto annuale sulla Disponibilità di banche dati pubbliche in formato aperto 2016.
 
Uno score, questo, ben lontano dal 72% della Lombardia, regione leader in Italia nel settore.
 
Cosa vuol dire? Che solo una raccolta dati su quattro, tra quelle nostrane, segue le linee guida dell’AgID per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico. Il paniere «rappresenta lo stato dell’arte sui dataset individuati, ovvero ciò che è stato già aperto, e contemporaneamente fa da agenda per quello che c’è ancora da aprire», dice Gabriele Ciasullo, referente AgID per le strutture Servizio banche dati e Open Data. L’elenco comprende 62 temi a livello nazionale e 48 a livello regionale: l’obiettivo per l’anno prossimo è non solo misurare il grado di apertura di questi dati, ma anche la loro qualità. La lista dell’AgID non è però vincolante: non sono infatti previste sanzioni per gli inadempienti. Si ragiona, piuttosto, su meccanismi di tipo premiale tesi a ridistribuire fondi comunitari. 
 
Il sito Fvg per gli open data, censito da AgID, è gestito da Insiel. Il proprietario del dato è la Regione, la tecnologia (dai costi contenuti) è quella di un’azienda americana, Socrata. Dopo tre anni, il bilancio del nostro portale è di circa 300 dataset pubblicati, 66mila visite e 46mila download. Quello lombardo, di due anni più vecchio, conta un catalogo oltre 2600 dataset relativi a 20 diverse aree tematiche: più di un milione di visualizzazioni e 485mila scaricamenti. Quello trentino, altra eccellenza nazionale, vanta cinquemila dataset. La pubblicazione avviene «ogni qualvolta si individuano dati nelle disponibilità dell’amministrazione che siano di potenziale interesse per il pubblico», precisano Luca Moratto, direttore del Servizio sistemi informativi e eGovernment Fvg, e Gianluca Dominutti, direttore dell’ufficio stampa.
 
 
Come chiedere la pubblicazione di un dataset specifico. Il cittadino può farlo scrivendo a opendata@regione.fvg.it. Le tempistiche variano a seconda della tipologia di dato richiesto. Il Comune di Trieste non ha ancora iniziato a pubblicare dati aperti ma, come dichiarato al Piccolo di recente, c’è l’impegno a farlo entro la metà di questo mandato. «È stato avviato un approfondimento con il Municipio per valutare i dataset che potrebbero essere pubblicati sulla piattaforma regionale», scrivono Moratto e Dominutti.
 
In questo ambito sono fondamentali tanto la qualità dei dati pubblicati quanto «la frequenza di aggiornamento del portale», ritiene Andrea Nelson Mauro, giornalista di Dataninja. «L’amministrazione che si prende questo impegno è un’amministrazione seria: quando decide di erogare il servizio, deve garantirlo». Per migliorare, fa sapere la Regione, è necessario intervenire su due fronti: domanda e offerta di open data con «iniziative pubbliche di sensibilizzazione e azioni di formazione, così da consentire alle amministrazioni di acquisire le competenze tecniche e organizzative per rendere disponibile il proprio patrimonio informativo».
 
Opendata: perché sono importanti. I “dati aperti” sono informazioni pubblicate in formato tale da potere essere liberamente fruite, riutilizzate e ridistribuite da chiunque, con l’idea che esse siano un bene per la comunità e che quindi debbano essere distribuite liberamente alla comunità stessa. Nel Codice dell’Amministrazione digitale viene sancito che le Pubbliche amministrazioni hanno la responsabilità di aggiornare, divulgare e permettere la valorizzazione dei dati pubblici secondo principi di open government. «Il vero valore degli open data sta nell’uso e nel riuso che ne fanno i cittadini», commenta l’avvocato Ernesto Belisario, esperto di Diritto delle Tecnologie, autore del libro “La nuova pubblica amministrazione digitale” e coautore di “Come si fa open data”. 
 
L’informazione pubblicata in formato aperto può trasformarsi in un «semplice post sul blog di un cittadino, in un’applicazione (come quella dei punti sanitari in città, n.d.r.), oppure diventare infografica, petizione, articolo sul giornale o servizio del tg». Numeri e tabelle che diventano consapevolezza, dunque. «Quando è stato lanciato soldipubblici.gov.it - continua Belisario - il portale ha fatto segnare subito 10 milioni di query. Prima questa richiesta di informazioni come veniva soddisfatta? Dove andavano quelle ricerche? Questi numeri testimoniano che si è andati molto vicino a quello che vogliono i cittadini». 
 
Gli open data, anche a livello internazionale, possono servire a politici e amministratori «come cruscotti per monitorare la propria attività», aggiunge Belisario. «Sono informazioni che servono sia all’interno che all’esterno della PA».  
 
 
Le esperienze da tenere d'occhio in Italia. Tra le esperienze civiche più interessanti nel panorama nazionale nate da open data spicca per esempio OpenPolis su temi politici ed elettorali. Oppure le inchieste di Cittadini Reattivi, un progetto di mappatura civica dei siti inquinanti, bonificati o da bonificare della Penisola: nato da un’idea di Rosy Battaglia, giornalista indipendente, si basa per lo più su dati aperti come per obbligo di legge dovrebbero essere quelli ambientali (ottenuti nella maggior parte dei casi con richiesta di accesso civico).

Oppure ancora A Scuola di Open Coesione, una sfida didattica e civica rivolta agli studenti delle scuole superiori: a partire da un’analisi dei dati in formato aperto pubblicati su OpenCoesione, l’iniziativa sulle politiche di coesione in Italia vuole dare ai più giovani gli strumenti per scoprire come vengono spesi i fondi pubblici sul territorio. Analizzando l’efficacia dei vari progetti, gli studenti fanno del vero e proprio monitoraggio civico e acquisiscono competenze digitali, giornalistiche e analitiche sui dati. 
 
«La sfida è rendere quello degli open data un ecosistema», conclude Belisario.
 
 
Con l’idea che ogni cittadino sia un potenziale produttore di open data, ecco allora nascere in Romagna una mappatura delle piste ciclabili costantemente aggiornata con le segnalazioni dei cicloturisti oppure, a Palermo, una raccolta di oltre duecento sentenze, consultabili e scaricabili in formato aperto, che documentano dieci anni di lotta alla mafia. Si chiama “Cosa Libera” ed è il frutto maturo di un gruppo di avvocati e attivisti. 
 

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