Bancarelle e calci al pallone nel borgo della rinascita
Famiglie con bambini e anziani rappresentano oggi l’anima pulsante di San Sergio Qui le giornate scorrono tra un caffè al bar e quattro chiacchiere dopo la messa

C’era una volta Borgo San Sergio, “il Bronx di Trieste”. Quella spiacevole etichetta si è un po’ alla volta staccata da un rione cittadino che ha la dimensione di un paese e la cui vita sociale, come accade nei piccoli abitati, ruota attorno alla piazzetta. La Posta con il vicino bar, la chiesa, la Stazione dei carabinieri e la scuola rappresentano i punti cardinali di piazza XXV Aprile e confermano la vocazione paesana di una comunità che sembra essere lontana anni luce dai cliché del passato che volevano Borgo San Sergio come un luogo poco raccomandabile.
«Borgo più di quindici anni fa era un rione problematico – ammette Morena Mercusa Ogrizovich, mentre con le figlie Gaia e Fulvia sorseggia un tè freddo a un tavolino del Bar gelateria Piazzetta –. C’erano le bande e anche i rom a volte creavano problemi, arrivando in questa zona con decine di camper. Frequento questa piazza da quando ero piccola e devo dire che le cose in questi anni sono molto cambiate e non solo perché dove prima c’era un ferramenta adesso le signore vanno a farsi i capelli o perché al posto della farmacia hanno aperto un bar».
La vicina scuola ha lavorato molto sul fronte dell’integrazione dei bambini di origine rom e sinti, la piazza è stata riqualificata e la presenza delle forze dell’ordine, evidentemente, si è fatta sentire. Intanto un pallone da calcio rimbalza contro il muro della Posta.
Fa molto caldo, ma i bambini non se ne curano e continuano la partita. Le colonne del porticato segnano i confini della porta. Ogni giocata, come accade spesso a quella età, è in grado di decidere la finale dei Mondiali. «Ogni tanto chi abita sopra la Posta apre la finestra e protesta – racconta Daniela Rappo, seduta al bar insieme al figlio Massimo di otto anni –, ma il tutto si ricompone sempre in breve tempo. Una volta con una pallonata hanno rotto il vetro di una finestra e subito dopo sulla piazza è comparso un cartello con su il “divieto di giocare a palla”. Poi per fortuna è stato tolto».
Patrizia Bandera è diventata titolare del Bar gelateria Piazzetta tre anni fa, dopo oltre dieci anni in cui vi ha lavorato come dipendente. «La piazza è cambiata – conferma l’esercente –. Il disagio del rione si è spostato via da qui».
Bandera rivendica il lavoro svolto in questi anni per «selezionare la clientela». «Da quando ho preso in mano le redini del locale – afferma – abbiamo dato spazio alle famiglie».
I tavolini del bar sembrano darle ragione, dal momento che sono occupati quasi esclusivamente da mamme con bambini. «
Se volè imbriagarve xe altri posti
», è il refrain con il quale la signora accoglie i clienti non graditi. «Molte persone arrivano in questa piazza anche da Valmaura e da Altura – continua Bandera –, perché qua vicino c’è il parco giochi, l’aria che si respira è familiare e non ci sono problemi di parcheggio. E poi ci si conosce tutti».
Dal vicino Centro di salute mentale di Domio, però, ogni tanto arriva l’incursione di qualche utente, «come quando l’altro giorno un tizio si è presentato con la cuffia in testa e indosso un costume olimpionico o come quando, tre anni fa, una persona si è avvicinata al bar completamente nuda» ricorda Bandera.
Le bancarelle del mercato arrivano a Borgo San Sergio ogni mercoledì, ma il cuore commerciale del rione rimane quello confinato sotto i portici della piazzetta. Il bar, il centro estetico, la pescheria, il fruttivendolo, il negozio dedicato agli animali, la merceria: quello di piazza XXV Aprile ha le sembianze di un piccolo centro commerciale ante litteram. Eppure gli affitti stabiliti dal Comune, a sentire gli esercenti, sono straordinariamente alti, tanto che il negozio che vendeva computer e componenti elettrici è stato costretto a chiudere in seguito all’aumento dell’affitto. «In proporzione pago molto di più di un negozio in pieno centro – spiega Franca Carboni, titolare de L’Oasi della mamma –. Questa è l’unica sofferenza di questo mio lavoro». Carboni, infatti, rivendica la dimensione umana di un rione «che è sempre più ricercato dalle persone per il verde e la tranquillità. Una volta c’era anche il cinema all’aperto – spiega –. Basterebbe davvero poco per rilanciare definitivamente questa zona».
Il negozio Mercerie Vittoria è presente in piazza fin dagli anni Settanta, ma Martina Bernich l’ha preso in gestione solamente all’inizio del 2017. La titolare non ha rinunciato alla vendita della merce che tradizionalmente trovava posto nello spazio commerciale. A bottoni, fili, elastici e cerniere, però, ha affiancato l’intimo, i giochi per bambini e i costumi da bagno.
«Questo luogo è molto vivibile – così Bernich –. Il pomeriggio è frequentato da molti nonni che fanno andare i nipotini in bicicletta o con i pattini. Molte famiglie giovani frequentano la piazza, anche se è ancora molto forte la presenza di anziani, profughi istriani che a Borgo San Sergio hanno trovato una nuova casa».
Il tempo in questo rione sembra passare un po’ più lentamente, grazie alla distanza dalle frenesie del centro cittadino. In questa piazza, più che altrove, la relazione si coltiva davanti a una tazzina di caffè, a un bicchier di birra o a quattro chiacchiere scambiate all’uscita dalla messa.
La parrocchia di San Sergio Martire guarda a piazza XXV Aprile da una posizione privilegiata, al termine di una breve scalinata che la pone in un punto leggermente sopraelevato. Il suono delle campane annuncia l’inizio delle funzioni liturgiche, mentre l’odore di griglia che si sente nell’aria ricorda ai residenti che i volontari della sagra estiva sono al lavoro.
Il parroco, don Lorenzo Maria Vatti, è arrivato a Borgo San Sergio nel 2012. Milanese di nascita, Vatti ha visto venire meno in questi anni la vita ecclesiale dei propri parrocchiani. «Una volta i bambini che frequentavano il catechismo partecipavano assiduamente alla messa – ammette sconsolato –. I battesimi sono diminuiti e anche il ricorso ai sacramenti. Purtroppo ho assistito a un progressivo impoverimento spirituale. Una volta c’erano i ragazzi dell’oratorio e quelli del muretto, mentre adesso sono spariti anche quelli. Pensavo di essere io incapace a gestire questa realtà, mentre adesso ho capito che questa situazione rispecchia semplicemente i tempi che stiamo vivendo».
Il parroco cinquantunenne, però, riconosce alla propria comunità di essere socialmente molto attiva. «Tutti vogliono fare volontariato – sottolinea – e questa è una cosa molto buona dalla quale partire per ritrovare il senso di spiritualità perduto. Le persone dai 45 anni in su hanno molto bisogno di aggregazione. Sono i ragazzi a non sentire più questa esigenza. Guardi l’oratorio che dà direttamente sulla piazza: è completamente vuoto».
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