Balzo dei decessi in Bosnia: 38 in due giorni
BELGRADO «Allarme rosso», ha titolato ieri Oslobodjenje, uno dei giornali storici più autorevoli nel Paese. E non è affatto un’esagerazione: appare sempre più drammatica la situazione epidemiologica nella vicina Bosnia-Erzegovina, flagellata ormai da più di un mese da una violenta recrudescenza dell’epidemia. E abbattuta da un numero crescente – e angosciante – di decessi collegati al Covid-19. Sono stati ben sedici quelli di lunedì, addirittura 22 quelli comunicati ufficialmente ieri dal ministero per gli Affari civili della Bosnia, un’enormità per un Paese di soli 3,5 milioni di abitanti. Sulla base dell’ultimo aggiornamento di ieri, la Bosnia ha finora registrato 14.708 casi confermati di contagio (+210 nelle ultime 24 ore – 8.411 i guariti) e ben 447 decessi, cifre che collocano il Paese sopra l’Italia nella classifica dei casi per milione di abitanti (4.486 contro i 4.156 per milione del nostro Paese) fra i primi cinque per numero di morti per milione nell’Europa centro-orientale (136), dopo Macedonia del Nord (254), Moldova (213), Kosovo (175) e Romania (144 per milione).
Numeri – come quelli che parlano di 2.600 nuovi contagi solo negli ultimi dieci giorni - che angosciano sempre di più la cittadinanza, da Banja Luka a Sarajevo, capitale dove si alzano sempre più fragorosi e concitati gli appelli alle autorità affinché finalmente adottino misure «urgenti» per arginare l’epidemia. È quanto hanno chiesto più 500 sarajevesi in una lettera aperta, diffusa ieri via Facebook e firmata anche da personalità autorevoli come lo scrittore Abdulah Sidran, l’attore Nermin Tulic, la regista Elma Tataragic, l’intellettuale Senad Pecanin e molti giornalisti, scrittori e artisti di fama. Personalità che si sono detti «terrorizzate» per la presunta inazione delle autorità nel contenere il virus.
Bisogna invece agire subito e con «misure urgenti», anche punendo con multe draconiane chi non rispetta distanziamento e non indossa la mascherina negli spazi chiusi. Ma si dovrebbe pure pensare al divieto di assembramenti con più di dieci persone. E soprattutto a scrivere la parola fine alle sterili «diatribe tra istituzioni sanitarie» su come gestire la crisi. Situazione che è sempre più drammatica anche in Kosovo, circa due milioni di abitanti e ieri altri 13 decessi per Covid-19, arrivati in totale a 354, con un vero e proprio boom di morti negli ultimi giorni, schizzati alla cifra attuale dai poco più di 230 di una settimana fa. E non rientra l’emergenza neppure in Romania, finora il Paese balcanico più colpito dall’epidemia. Ieri Bucarest ha confermato altri 35 decessi, con il totale salito a 2.764. Più moderate le cifre in Serbia, dove ieri sono morte altre sei persone a causa del virus, 652 dall’inizio dell’epidemia. —
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