I resti della balenottera ritrovata a Muggia saranno recuperati: possibile futuro museale

I resti dell’esemplare incagliatosi a Porto San Rocco lo scorso agosto saranno messi in sicurezza dall’Area marina protetta di Miramare. Ora si pensa a come valorizzarli

L'intervento e i resti della balena (foto Area marina protetta Miramare)
L'intervento e i resti della balena (foto Area marina protetta Miramare)

I resti della balenottera rinvenuta ad agosto dell’anno scorso sotto i pontili di Porto San Rocco a Muggia, e in seguito fatta affondare nel golfo di Trieste, saranno ora recuperati. Lo rende noto l’Area marina protetta di Miramare, aggiungendo che «l’intervento consentirà di garantire l'integrità dello scheletro del maestoso animale, anche in vista di una sua auspicabile futura musealizzazione».

Dopo il trasporto al largo e l’affondamento della carcassa in una zona portuale preclusa all'accesso e alla navigazione ad opera del gruppo di Ots (Operatori Tecnici Subacquei) della Geomar, l’Area marina racconta di essersi attivata per «dare un senso alla triste morte dell’esemplare di balenottera comune».

Ottenute dalla Capitaneria di porto di Trieste le necessarie autorizzazioni per avviare un'attività di monitoraggio subacqueo sui resti della balenottera, lo scorso 6 marzo i ricercatori Saul Ciriaco e Marco Segarich si sono immersi nel luogo dell'affondamento per accertarsi dell’integrità della carcassa e documentarne lo stato di conservazione.

Trieste, i sommozzatori: «Così abbiamo inabissato la carcassa di balenottera»
La carcassa di balena nel punto in cui è stata inabissata

Lo stato di conservazione

Le fotografie, spiega ancora l’Area marina protetta, mostrano che il processo di decomposizione è già in stato avanzato: circa il 90 per cento dei tessuti molli della balena non è più presente, decomposto o predato. La colonna vertebrale è in buona parte esposta, fatta salva la zona ventrale appoggiata sul fondale e quella cefalica. Alcune delle cavità interne della carcassa fanno da rifugio a piccoli labridi.

Non sono presenti segni evidenti di predazione e a dispetto della grande disponibilità di materia, non sono stati rinvenuti, come invece ci si sarebbe aspettato, i consueti ammassi di fauna saprofaga (organismi che si alimentano di sostanze organiche in decomposizione) o necrofaga (che si alimenta di carcasse), come i murici.

Al cedimento dei tessuti, la carcassa, adagiandosi sul fondale, è parzialmente collassata su sé stessa e parte delle ossa si sono distaccate, disperdendosi nelle zone adiacenti.

Per questo motivo, nei prossimi giorni, grazie anche al supporto e alla disponibilità della Geomar, abbiamo in programma un nuovo intervento nel luogo dell’affondamento. L’obiettivo è quindi mettere in sicurezza i resti della balenottera che rischiano altrimenti di disperdersi, “ingabbiandoli” in una grande rete.

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