Balcani, «acqua all’arsenico, rischi per un milione di persone»
BELGRADO. «Com’è l’acqua? Ha un sapore strano». «Si può bere? Sì, ma per i bambini compro quella in bottiglia». Scene e dialoghi ascoltati più volte, oggi così come in passato, in varie parti della Vojvodina, da Sombor a Kikinda. Scambi di opinioni e forti apprensioni incentrate sull’acqua che scorre dai rubinetti delle case nel nord della Serbia. Acqua che molto spesso non sarebbe di buona qualità, secondo la vox populi. Voce che è stata corroborata in questi ultimi giorni da una ampia inchiesta prodotta per il Balkan Fellowship for Journalistic Excellence, in cooperazione con il Balkan Investigative Reporting Network (Birn), dedicata proprio all’acqua. Un’indagine che ha lanciato un severo allarme confermando che «circa un milione di persone», in particolare nell’area settentrionale della Vojvodina, ma anche nella vicina Croazia e in Ungheria, sono esposte a gravi rischi per la propria salute. A causa dell’«acqua potabile dai livelli di arsenico oltre il limite di legge».
È un’inchiesta che nasce nell’area di Vinkovci, in Croazia, dove nel 2014 un ingegnere del posto decise di dare un’occhiata alle analisi dell’acqua nella regione, scoprendo «livelli di arsenico superiori di tredici volte il limite», in particolare a Komletinci, un paesino dalle parti di Otok, non lontano dal confine con la Serbia. Ma Komletinci è solo l’anello di una catena più ampia. Il villaggio sorge infatti su una vasta area “transfrontaliera” che soffre di simili problemi. Lo hanno dimostrato recenti analisi commissionate da Birn in diversi territori nel nord della Serbia e in Croazia, alla ricerca dell’arsenico nei rubinetti o delle risposte delle autorità locali contattate. I risultati sono in certi casi di molto superiori ai dieci microgrammi per litro prescritti dalla legge e raccomandati dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. In una decina di comuni nell’Est della Croazia i limiti sono stati superati di cinque volte, ma il problema maggiore è proprio in Vojvodina. I numeri svelati da Birn parlano chiaro: Backi Monostor, livelli d’arsenico tra 77 e 82 µg/litro; Ravno Selo 103; nell’area a sud di Subotica tra 13 e 99; a Ostojicevo 125; a Padej 132. E poi ci sono i record. Quelli di Taras (315-321). O di Novi Becej, 260-273, vicino a Zrenjanin, dove a causa dell’arsenico «l’acqua è stata dichiarata non potabile nel 2004». E dove un depuratore, al primo dicembre 2017, attendeva ancora i permessi per iniziare a operare.
L’inchiesta ha citato anche uno studio del 2012 per confermare che l’emergenza è reale anche nel sud dell’Ungheria. Sono tutte aree dove milioni di anni fa si estendeva il Mare pannonico. Che in eredità ha lasciato chilometri di sedimenti «ricchi di arsenico», appunto, che contamina le falde e l’acqua. E «si accumula poi nel corpo, col passare del tempo, e può essere mortale», ha scritto Birn. Birn ha ricordato che, al momento, non esistono studi sulle conseguenze dell’acqua contaminata sugli esseri viventi nelle regioni prese in considerazione, anche se un rapporto del 2012 dedicato a Ungheria, Romania e Slovacchia ha trovato «solide prove di una associazione tra esposizione di lungo periodo all’arsenico» e tumori. Gli allarmi riguardano, secondo Birn, un numero enorme di persone. Sono infatti un milione circa quelle che vivono nelle aree a rischio, obbligate a bere acqua che scende da “rubinetti tossici”, la maggior parte - 630mila - in Vojvodina, 170mila circa in Croazia, 100mila in Ungheria.
Quali i rischi? Per l’Oms l’arsenico è «altamente venefico» e l’acqua contaminata usata per bere, ma anche per irrigare i campi, è una «minaccia grave». Che fare? Per l’Oms l’unica via è «fornire fonti d’acqua sicure», attraverso depuratori, «centralizzati o domestici». Una via che, suggerisce l’inchiesta, le locali autorità dovrebbero prendere urgentemente in considerazione.
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