Avvistata una razza nelle acque di Miramare. Non attacca l’uomo, ma l’aculeo è velenoso
L’esperto: «Si tratta di un evento fortuito, la fauna non cambia»
TRIESTE
. «L’hanno scambiata per una manta: volteggiava placida nelle acque davanti a Miramare, per nulla turbata o aggressiva. È rimasta lì per due ore quasi volesse farsi ammirare». A raccontare l’insolito avvistamento di un esemplare di Pteroplatytrygon violaceus, o trigone pelagico, specie niente affatto di casa nelle acque del Golfo di Trieste è Saul Ciriaco, ricercatore della Riserva Marina di Miramare, che alcuni giorni fa è stato fortunato spettatore dell’evento, riuscendo persino a fotografare e a filmare l’anomala presenza.
Le acque basse del Nord Adriatico e la posizione a cul de sac del Golfo di Trieste, così come i giochi delle correnti, favoriscono l’arrivo di organismi marini da acque lontane, ma non la loro permanenza. Alcuni episodi insoliti fanno senz’altro parte della memoria cittadina. Nelle cronache di due secoli fa si legge di sei capodogli venuti a morire nel porto di Cittanova (Istria), nel 1853; mentre in anni assai più recenti, nel 2006, Diego Borme ricercatore dell’Ogs ha riferito del rinvenimento di alcuni esemplari di pesce nastro (Trachipterus trachypterus), spiaggiatisi lungo la costa triestina: ritrovamento davvero insolito, in quanto il pesce nastro vive a profondità comprese tra 200 e 1000 mt.
Pochi giorni fa, all’interno della Riserva Marina di Miramare, è stata la volta del trigone pelagico. «Si tratta di eventi fortuiti, che non indicano cambiamenti nella fauna ittica o nelle condizioni locali del mare» dice Marco Costantini, responsabile del Programma Mare per il Wwf Italia e collaboratore della Riserva Marina. «Possiamo archiviarli come casualità. Tuttavia l’occasione di osservare nelle nostre acque un esemplare pelagico come il trigone, che normalmente vive dove la profondità del mare raggiunge i 100 mt, è stata certamente particolare».
Appartenente alla categoria dei pesci cartilaginei, o condroitti, assieme a torpedini, aquile di mare, mante e squali, il trigone pelagico è un animale gregario. Muove il corpo piatto ed elegante grazie alla presenza di due ampie “ali” laterali. Si nutre di polpi, seppie, calamari ma anche di acciughe e organismi planctonici, che divora attraverso la bocca posta ventralmente, e non in punta di muso come per i pesci ossei (con uno scheletro completamente ossificato).
«Conosciamo bene la sua biologia» prosegue Costantini. «Questa specie è ovivipara, dà alla luce 4-5 piccoli lunghi appena 10-12 cm, che sono alimentati con una secrezione uterina. Non attacca l’uomo, ma se minacciata si difende con l’aculeo seghettato posto alla base della coda, che può rilasciare un veleno dagli effetti tutt’altro che piacevoli, anche se per fortuna non mortali». In Puglia, secondo i racconti di mare, i pescatori userebbero l’aculeo avvelenato per devitalizzare i denti e ridurre il dolore.
Dice Costantini: «Per sua fortuna, non è tra le specie ittiche pregiate. Anzi, se per accidente finisce in qualche rete o all’amo, viene rigettato in mare. I pescatori liguri dicono che porti sfortuna. Ma l’unica sfortuna consiste nel dover ricucire le reti strappate dagli esemplari intrappolati che si dibattono per riguadagnare la libertà». E mentre questa strana estate volge al termine, dalla Riserva Marina esortano a segnalare altri ospiti insoliti al numero 040224147, oppure info@riservamarinamiramare.it.
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