Autodenunce e tamponi obbligatori. Ecco cosa bisogna fare al rientro dopo i viaggi in Croazia
Diffuse dalle Aziende sanitarie le coordinate da comunicare via mail al rientro. Ma su controlli e procedure regna il caos
Una ragazza si sottopone ad un tampone. I test saranno obbligatori per chi rientrerà da Croazia, Spagna, Malta e Grecia
TRIESTE Riunioni su riunioni per preparare la “macchina”, anche se sono le autorità per prime a spiegare quanto sarà complicato far rispettare l’ordinanza con cui il governo ha stabilito, col pieno appoggio della Regione, l’obbligo di tampone per chi torna da Croazia, Grecia, Malta e Spagna. Mentre i residenti in Friuli Venezia Giulia si domandano se partire ugualmente, emergono tutte le difficoltà a mettere in pratica il provvedimento fra controlli via terra difficili, mancato scambio di dati fra i due Paesi, carenza di tamponi veloci e incognite sui tempi di consegna del risultato. Ma intanto dalle Aziende sanitarie arrivano le regole per segnalarsi alrientro e pure la sanità privata si muove.
Il nervo scoperto sono i rientri di terra, come spiega il prefetto Valerio Valenti: «Fra Tarvisio e Muggia abbiamo 58 valichi. Lo dico con sano realismo: mi sembra scontata la difficoltà a fare verifiche». Valenti annuncia «il rafforzamento dei controlli sui valichi triestini di Pesek e Fernetti, i più battuti dal turismo verso la Croazia: fermeremo auto e bus a campione, segnalando alle autorità sanitarie le persone provenienti dalla Croazia».
Di più non si può fare: Zagabria non ha accordi con Roma per trasferire i dati delle persone che si registrano su “Enter Croatia” prima del viaggio, né sono previsti controlli sanitari direttamente ai valichi, come ha chiesto Massimiliano Fedriga. Il governatore sottolinea che «controlli sanitari si possono fare anche senza cancellare Schengen, chiudendo i valichi minori e facendo verifiche a campione in quelli maggiori. Il ministro Boccia è stato ricettivo, almeno a parole». Il vicepresidente Riccardo Riccardi rafforza il concetto: «Porti e aeroporti non sono un problema, ma i confini sono un buco. Come si fa? Va chiesto al Viminale».
Dopo una serie di riunioni cominciate all’alba tra Regione, Aziende sanitarie, Prefetture e Protezione civile, l’Asugi dirama una nota, ricordando a chi torni da uno dei Paesi in questione la necessità di segnalarsi via mail ai dipartimenti di Prevenzione, inserendo area di provenienza, dati personali, indirizzo e recapito telefonico (informazioni complete e aggiornamenti sono sul sito dell’Asugi). Gli utenti verranno richiamati per fissare un appuntamento. La rassicurazione è che l’Azienda sanitaria «sta potenziando il servizio per dare la risposta più rapida possibile compatibilmente con il volume di richieste che arriveranno».
Ma proprio qui sta il dilemma: chi decide di fare il tampone in Italia ha 48 ore per segnalarsi alle Aziende, mettendosi nel frattempo in isolamento fiduciario e cioè non uscendo di casa neppure per la spesa, evitando ogni contatto sociale, rendendosi sempre reperibile al telefono e avvisando il proprio medico di base alla comparsa di eventuali sintomi. Ma sui tempi degli esami peserà il numero di domande: «Bisogna capire – dice Riccardi – quanti tamponi andranno fatti, visto che ci sono diecimila italiani fra Grecia, Spagna e Croazia. Dobbiamo capire quante persone ci capiteranno, ricordando che abbiamo detto per settimane che era inopportuno andare in ferie in quei Paesi e che stiamo gestendo un’ordinanza firmata alle dieci di sera a ridosso di Ferragosto ed entrata in vigore a poche ore di distanza».
Il provvedimento ha creato incertezza, a cominciare dalla possibile retroattività, che invece è esclusa: la misura riguarda solo chi da ieri faccia ritorno da Croazia, Grecia, Malta o Spagna, dopo avervi soggiornato nelle ultime due settimane. Col fiato sospeso sono poi i lavoratori transfrontalieri istriani, che al momento dovrebbero effettuare il tampone ogni giorno: Fedriga ha già scritto al ministro Speranza per chiedere una deroga, ricordando che «i transfrontalieri potevano muoversi per lavoro anche durante il lockdown». Confusione c’è pure sulle possibili sanzioni, che si limitano a multe fino a mille euro per chi si sottrae alla quarantena non segnalandosi al rientro. L’assenza di ricadute penali (che esistono però se la persona risulti affetta dal coronavirus) viene definita «lunare» da Riccardi e Fedriga si è già battuto senza fortuna per far considerare un reato il mancato rispetto dell’isolamento.
Complica ulteriormente le cose la mancanza dei cosiddetti tamponi veloci (antigenici), previsti per chi arriva in porti e aeroporti. Pur preferendo l’impiego dei classici tamponi molecolari, la Regione ha disposto un bando per l’approvvigionamento, ma Fedriga sottolinea di aver «chiesto alla struttura commissariale l’invio di forniture di test molecolari e antigenici, al fine di potenziare i controlli. Il Fvg necessita di 100 mila test rapidi ed è essenziale che le forniture per l’esecuzione del test molecolare, già concordate, vengano completate con tempestività».
A muoversi è anche la sanità privata e la clinica Salus di Trieste ha ad esempio già ampliato gli orari di apertura a sabato e domenica, prevedendo test su appuntamento, con risposta garantita in giornata per un costo di 82 euro. L’ordinanza prevede inoltre la possibilità di sottoporsi a test in una delle quattro mete turistiche nelle 72 ore antecedenti al ritorno in Italia: in Croazia ci hanno subito pensato, pubblicizzando la possibilità di fare il tampone a Fiume e Rovigno ad un costo di circa cento euro. —
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